La “Vergine delle rocce” di Leonardo, tra enigmi e suggestioni

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Di Redazione Metropolitan

L’opera di Leonardo La Vergine delle rocce” ha avuto una storia complessa sia nella realizzazione e, tra enigmi, accuse di eresia e suggestioni ancestrali, anche nelle interpretazioni successive.

Leonardo: “La Vergine Delle Rocce”

La Vergine delle Rocce è la prima commissione di Leonardo a Milano per la Confraternita dell’Immacolata Concezione. Siamo nel 1482 e la chiesa per la quale la confraternita richiede il gruppo sacro, che noi conosciamo come ”La Vergine delle Rocce”, doveva essere la Basilica di San Francesco Grande, chiesa che oggi non esiste più. Il contratto con la confraternita risulta firmato il 25 aprile 1483 dal “Maestro” Leonardo da Vinci, e due pittori milanesi, Evangelista e Giovanni de Predis.

Leonardo Da Vinci-Vergine_delle_Rocce (Louvre)
Leonardo Da Vinci La Vergine delle Rocce (Louvre)

Quest’opera milanese sarà il primo vero e proprio completo manifesto del linguaggio pittorico di Leonardo. L’opera avrà vita lunga e tormentata. Non ci sono notizie certe sul se e perche la Confraternita contestò il dipinto. Le ipotesi riguardano o l’inadempienza contrattuale legata al soggetto, che risulto diverso da quanto concordato inizialmente o addirittura in quanto il dipinto fu ritenuto eretico. Altri sostengono che i pittori tentarono di ricattare i confratelli, chiedendo una maggiorazione del compenso, salvo appunto trattenere presso lo studio il dipinto.La causa tra Leonardo e la Confraternita si trascinò così per molti anni

Le due versioni della Vergine delle Rocce

Fatto è che ad oggi le versioni del dipinto sono due. La prima versione della Vergine delle Rocce è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela, sicuramente di mano di Leonardo da Vinci, databile al 1483-1486 e conservato nel Musée du Louvre di Parigi. In tale dipinto il fatto che l’angelo ci indicasse San Giovannino come personaggio piu importante del ritratto invece che Gesù non risultò appropriato.

Non siamo certi di come questo dipinto arrivò in Francia. In ogni caso la prima presenza documentata del dipinto nelle collezioni francesi risale al 1625, quando Cassiano dal Pozzo, che accompagnava il cardinal Barberini nella sua legazione in Francia, lo vide nella galleria delle pitture. La seconda versione è conservata alla National Gallery di Londra, ed è un olio su tavola.

Questa seconda versione della pala sembra meno rivoluzionaria e più in sintonia con la commissione dei confratelli. Secondo un’altra ipotesi invece le due versioni della Vergine delle Rocce sarebbero state realizzate per due diversi luoghi e committenti nella stessa città di Milano. Comunque nella seconda versione la Madonna appare più grande e maestosa, i due bambini sono più riconoscibili e soprattutto è sparito l’inconsueto gesto della mano dell’angelo.

In questo dipinto le aureole e il bastone con la croce del Battista sarebbero stati aggiunti molti anni più tardi. Il dipinto, che ora è alla National Gallery di Londra, venne acquistato a Milano nel luglio 1785 dal pittore scozzese Gavin Hamilton, amico di Canova. Hamilton viveva a Roma e si occupava proprio di acquistare opere d’arte italiane per il collezionismo inglese. Il quadro sarà venduto al museo londinese nel 1880.

Probabilmente questo quadro più tardo era stato iniziato dal De Pedris, il quale costrinse Leonardo a finirlo nel 1506 nel suo ritorno a Milano. Solo nel 1508 l’artista riceverà il compenso per la Vergine delle Rocce, ventiquattro anni dopo la commissione. Probabilmente l’intervento del Maestro nella tavola londinese è circoscritto al viso della Vergine e dell’angelo.

Leonardo: tante copie, tanto onore

Comunque la fortuna di questa composizione fu enorme. Se ne conoscono infatti moltissime copie, create da artisti italiani e stranieri, anche di quel periodo. Due copie di grande valore storico artistico sono ancora a Milano. Un dipinto è nella chiesa di Santa Giustina ad Affori, probabilmente eseguito dal de Predis negli stessi anni in cui collaborava con il Maestro per la realizzazione del dipinto. Una altra illustre copia si trova attualmente presso il convento delle suore Orsoline di via Lanzone a Milano, ed è attribuita al Melzi.

Melzi era un nobile uomo lombardo, raffinato e colto pittore, intimo compagno di Leonardo dal 1510. Questi lo aveva seguito in Francia, quando l’anziano maestro aveva accettato l’invito di Francesco I, e gli rimase accanto fino alla morte. E’ celebre il suo nome in quanto risultò erede testamentario del Maestro. Una “terza versione” del quadro, versione Cheramy, custodita in una collezione privata in Svizzera è da alcuni  attribuita alla mano dello stesso Leonardo.

La fortuna Iconografica dell’opera di Leonardo

Sicuramente l’origine iconografica dell’opera deriva dalla lettura di testi e vangeli apocrifi. Nell’opera la Vergine è insieme a Gesù quando incontra il piccolo san Giovanni Battista, subito dopo che gli era la morte la madre santa Elisabetta. La Madonna è nell’atto di rincuorare il piccolo san Giovanni, poggiandogli la mano destra sulla spalla, mettendolo sotto la protezione dell’arcangelo Gabriele, che appare nella figura a destra. Il luogo è il deserto, dove si erano tutti rifugiati a seguito della Strage degli Innocenti voluta da Erode.

La suggestiva ambientazione: la grotta

Ma è l’originalità dell’ambientazione che farà la fortuna del quadro. Aver inserito una scena tradizionale come il gruppo della Madonna con il Bambino e san Giovannino in un panorama di grande suggestione, è la grande innovazione iconografica. Infatti la grotta e il paesaggio occupano grande spazio nell’opera: il paesaggio e la natura risultano avere la stessa valenza del gruppo sacro.

Infatti, come risulta da vari passi dei suoi scritti,  Leonardo era affascinato dall’immagine della “caverna”: sia dal punto di vista scientifico o geologico, ma soprattutto come interno della terra, natura sotterranea.

Santuario Santa Maria della Grotta - Praia a Mare (CS)
Santuario Santa Maria della Grotta – Praia a Mare (CS)

L’idea della caverna–tempio oppure della grotta-santuario è insita nel uomo già dalla preistoria. Le numerose veneri del paleolitico ritrovate in diverse grotte in Europa ci suggeriscono sia l’idea della caverna-grotta come ventre materno sia l’associazione con il culto della dea madre. E la venerazione della Vergine Maria rimane un tema centrale della Chiesa, anche nel quadro del sincretismo religioso. Ed è interessante notare come quante grotte preistoriche sono diventate in epoca storica Santuari.

Quando nella umanità si manifestò la coscienza del rapporto tra l’individuo e gli altri esseri umani, deve essere sorta subito anche la consapevolezza del mistero, e dell’importanza pratica del fatto che la vita abbia origine da un corpo femminile. Questa opera trasmette la suggestione di un sentire antico, ancestrale. Trasmette il senso del mistero legato alla maternità.

di M. Cristina Cadolini