Se tutta l’arte è erotica, come diceva Gustav Klimt, allora anche la natura lo è: dalla forma di un’orchidea in fiore, ad un pompelmo aperto a metà, l’eros è lo sguardo di chi riesce a cogliere l’essenza nell’esistenza, il pathos nella bellezza.
Quello che oggi può categorizzarsi nello scandalo, nell’86 a. C. era solo l’attitudine alla natura dell’uomo, dai “mille baci e poi cento” di Catullo per Lesbia ai personaggi senza filtri di pudore, bensì nascosti nella purezza dello stile, del Satyricon di Petronio: l’erotismo aveva una sua letteratura senza essere categorizzato come un settore a parte.
La capacità dell’eros è quella di immedesimarsi e nascondersi tra le righe dell’esistenza, nelle pieghe della quotidianità, nella noia della vista.
E’ tutto qui l’eros: la sottile differenza tra vedere e guardare.
L’eros, in fondo, è l’esercizio emotivo con cui stimoliamo i nostri sensi, nel riconoscere ciò che nella mediocrità è il sublime, nella meccanica è energia; diventa, così, una chiave di lettura con cui interpretare ciò che leggiamo, e quindi viviamo.
Facile allora riconoscere anche nella letteratura le sfumature erotiche: dai racconti del Decameron di Boccaccio, che insegna il tatto con cui narrare storie erotiche e ascoltarle dignitosamente, fino alla letteratura europea che è stata la vera culla della letteratura erotica, dandone la forma di un genere letterario definito.
Solo nel Seicento, nell’epoca della Riforma, si inizia ad effettuare la repressione della letteratura erotica, nel cuore delle guerre tra cristiani e protestanti, al bando dei peccati.
Ma è anche il momento in cui, per questo, si inizia ad annusare il fascino del proibito, senz’altro inevitabile peculiarità dell’eros.
Si nasconde, l’eros, negli eterni giochi proibiti di chi predilige la sensazione del mistero al piacere della bellezza: se il sesso è appagamento, l’eros è godimento; se il sesso è godimento, l’eros è seduzione.
Sembrerebbe un atto pensato, ragionato, un gioco scelto; dov’è allora la natura dell’eros? E’ nell’istinto, nell’azione, nella stessa attrazione a tale desiderio, che spinge il pensiero dell’uomo nella rincorsa al piacere.
Nelle trasformazioni generazionali, l’eros è sicuramente la branca dell’arte che più ne ha subito le conseguenze, spesso al centro delle critiche e delle condanne.
Una letteratura proibita, come clandestini erano diventati i libri dell’ottocento in Europa, che nascondevano le frenesie segrete del Romanticismo.
Era semplice accusare la letteratura erotica, di corruzione e di linguaggio osceno.
Charles Baudelaire è stato uno dei primi ad essere accusato da un pubblico ministero per essere autore di
“opere che portano all’eccitazione dei sensi attraverso un realismo volgare e lesivo del pudore. Nulla di più ingiusto: Baudelaire non è un poeta erotico, è un grande poeta che canta ogni cosa, l’erotismo come lo spleen. La novità di Baudelaire è l’associazione dell’erotismo alla malinconia, all’inquietudine metafisica, all’ossessione del nulla” .
E’, allora, una condanna raccontare ciò che fa parte della vita quanto la morte, la sofferenza, la malinconia? Qual è il limite tra il lecito e l’osceno?
Un limite ben conosciuto anche dal cinema. Quando nel 1975 apparve il film di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma, ispirato a Le centoventi giornate di Sodoma del marchese De Sade, il regista attirò su di sé la condanna per oscenità.
Un film che ricalca lo stile nudo e ossessivo della narrativa sadiana non poteva che essere ritenuto squallido e osceno, eppure Pasolini riconosceva nella continua espressione di terrore e peccato in De Sade la più alta forma di anarchia contro l’autonomia del potere e una chiara espressione di verità.
L’eros diventa, quindi, un mezzo di comunicazione per comprendere non solo la natura dell’uomo ma anche il sentimento di sottomissione al potere.
Il tentativo di De Sade di conciliare eros e natura fa scivolare l’uomo verso la sua natura animale; vengono scardinati tutti i principi della morale e del pudore per seguire le uniche leggi dettate dall’istinto e dalla natura dell’uomo.
Una proposta indecente, non per la sua forma, bensì per l’ideale meccanico di una società che vige sul controllo persino emotivo dei suoi soldatini di piombo e che per questo non accetta la libertà di espressione.
Più libero l’uomo si sente, più controllo tenta di ottenere verso la propria autonomia: decisamente una trappola per la macchina dello Stato.
Ed è per questo che la società limita gli impulsi individuali, a favore di quelli comunitari, plasmando una libido collettiva che prediliga i diritti del sistema e mai quelli della volontà.
Valorizzare l’eros è rivendicare la propria identità, la propria libertà: è la più naturale rivoluzione contro la condanna delle repressioni.
Rossella Papa