“Ragazzi Di Vita” In scena ieri sera al Teatro Alighieri per la regia di Massimo Popolizio
Eccoli qui, i ragazzi di vita di Pasolini. Riccetto, Alvaro, il Cacciotta, Amerigo e gli altri. 19 in tutto, a raccontare la Roma borgatara e sboccata del primo dopoguerra. E’ la città “miserabile e belissima” che vibra nelle parole dello scrittore friulano, appena espulso dal partito comunista. E’ la periferia bruciata dal sole con i suoi volti senza storia che lui renderà immortale e che alla fine lo ucciderà.
Massimo Popolizio dirige i Ragazzi di vita, portando in scena un’opera corale, fedele alla matrice neorealista, alla lingua verace del romanesco e alla gestualità marcata, riuscendo sempre però a mantenere un’atmosfera leggera, dove la tragedia si scioglie in situazioni comiche o grottesche.
A Lino Guanciale il compito di raccontare la disperata quotidianità dei borgatari degli anni ’50, fatta di povertà desolante, espedienti e piccoli furti, di bagni nel fiume Aniene e canzoni di Claudio Villa.
E’ lui a trascinare nelle acque del Tevere la barca presa in affitto dal Riccetto per portarci i suoi amici e dove il ragazzo rischia di annegare tentando di salvare una rondine.
A mostrarci l’escalation di degrado morale e materiale a cui sono votati fin dall’inizio, lui e i suoi amici, resa ancora più amara dalla perdita di quello che di loro Pasolini amava: la purezza inconsapevole della loro vitalità, il loro essere “fuori” dal mondo civile e borghese che di lì a poco li avrebbe inghiottiti.
Il finale, infatti, è un Riccetto ormai adulto che seguendo la sua parabola discendente, guarda Genesio morire annegato, senza fare niente per salvarlo. Le correnti dell’Aniene sono ormai intorpidite, perché il ragazzo è diventato uomo e si è separato dall’eden.
Tre i premi alla regia incassati da Popolizio (Ubu, della Critica e Le maschere) su drammaturgia di Emanuele Trivi, produzione Teatro di Roma-Teatro Nazionale. Lo spettacolo è inserito nella rassegna La Stagione dei Teatri.
Anna Cavallo