Poeta, drammaturgo, sceneggiatore, disegnatore, sono molte le qualifiche attribuibili a Jean Cocteau, nato oggi ma nel 1889. Sono tre le sue produzioni più note. Il romanzo I ragazzi terribili (1929), la rappresentazione teatrale La voce umana (1930) e il film La bella e la bestia (1946). Fu anche un colto appassionato di arte, oltre che artista.
Come Apollinaire, Cocteau ha sempre manifestato grandissimo interesse per la pittura del suo tempo, con un gusto acuto e sicuro, sotto il segno della modernità. All’inizio rivolse il propri interesse ad artisti mondani come Boldini e ad alcuni caricaturisti. Poi fu attratto da Picasso, di cui divenne instancabile sostenitore. Fu lui a spingere l’artista andaluso verso una fase meno austera, facendo da tramite per la sua collaborazione al balletto Parade nel 1917.
Jean Cocteau era una figura trasversale che frequentava mostre, teatri e molti altri ambienti culturali
Negli anni ’20 il collaboratore scenografico più fedele di Jean Cocteau fu Jean Hugo, seguito nel 1930 da Christian Bérard. Agli stessi anni risale inoltre la passione per i quadri di De Chirico. Egli stesso si dedicò al disegno, realizzando schizzi ispirati a Lautrec, Sem, Grosz e specialmente Jean Hugo. Dal 1950 si diede alla pittura a olio, all’arazzo, al pastello, all’incisione, alla ceramica e all’affresco.
Ma tutte queste esperienze non sempre diedero risultati felici. Affrescò le cappelle Saint-Pierre a Villefranche-sur-mer e Saint-Blaise-des-Simples a Milly-la-Forêt (1959). Aveva inoltre approntato i bozzetti per gli affreschi, il progetto e le vetrate della cappella Notre-Dame de Jérusalem a Fréjus, realizzati dopo la sua morte (1963).
Personalità vivace dell’avanguardia francese
Svolse un’attività multiforme, dedicandosi alla poesia e al romanzo, al teatro e al cinema, alla pittura e al disegno, illustrando molti dei suoi libri. Nella sua copiosa produzione si trovano tracce di tutti i movimenti d’avanguardia, da lui tentati più come sperimentatore che come convinto aderente. Fu una delle personalità più vivaci e discusse della letteratura contemporanea, membro dell’Académie Française dal 1955.
L’originalità e la grande capacità espressiva di Cocteau gli procurarono un successo internazionale
Geniale e imprevedibile, incline ad alimentare la sua fama di poeta maledetto frequentatore dei Boulevard, attualizzò per il teatro miti classici come Orfeo (1950) e Antigone (1928). Espresse la sua pungente critica borghese nella commedia del 1929, I ragazzi terribili, sul dissidio tra le generazioni. Nell’opera teatrale I parenti terribili del 1938 raccontò l’amore di un padre e di un figlio per la stessa donna ed espresse la crisi della borghesia colpita nel suo nucleo fondante, la famiglia.
Orphèe è l’opera fondamentale, espone la sua concezione dell’arte: per nascere come poeta, l’uomo deve passare metaforicamente dall’altra parte dello specchio che separa il mondo quotidiano dal mondo oscuro. La sua innegabile versatilità e capacità espressiva lo renderanno uno dei personaggi più rappresentativi degli anni Cinquanta.
Cocteau e il rapporto con Parigi
Complesso e intenso è il rapporto tra Jean Cocteau e la sua città natale, Parigi. Il suo slogan recitava: ‘’Sono nato parigino, parlo parigino, con pronuncia parigina’’. In ‘’Parigi’’, del 1942, ci offre una definizione perspicace della Ville Lumière: “La nostra città, incredibilmente elaborata, stratificata, ingarbugliata, fatta di ombre e di penombre, deve apparire all’osservatore come uno spazio pubblico ciarliero e frivolo”. I modi di conoscerla possono essere quello della talpa – immagine felice – o quello dell’uccello.
L’autore sale a Montmartre perché da lì Parigi si vede particolarmente bene. Ma è una città che nasconde mille insidie: “inganna le persone che la conoscono male. Parigi non è affatto gentile. Parigi è aggressiva”. Dalla collina si scorgono torri, pinnacoli, grandi complessi monumentali, ma anche isole, penisole, mercati enormi, cupole sfavillanti. Cocteau abitò al Palais-Royal, a cui dedica un testo colmo di tenerezza su quel quartiere: “una piccola città in una grande città”.
Alessia Ceci
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