L’intervista a Michelle Hunziker e Gerry Scotti: «Ci scusiamo per la gag sui cinesi»

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Di Redazione Metropolitan

Michelle Hunziker e Gerry Scotti accusati di razzismo per una gag su Striscia la notizia. I due conduttori del tg satirico, lanciando un servizio sulla sede Rai di Pechino, scimmiottano il modo di parlare dei cinesi – la classica ‘l’ al posto della ‘r’ e si tirano le palpebre per fingere di avere gli occhi a mandorla. Il siparietto ha scatenato, però, enormi polemiche.

Dopo essere stata segnalata dal creator Louis Pisano, scrittore e critico di moda americano, è stata rilanciata da “Diet Prada“, account Instagram tra più influenti nell’ambito della moda a livello internazionale. La polemica si è diffusa quindi rapidamente sui social e ne è nata una vera e propria bufera internazionale

Ieri, in puntata, hanno ricordato come da sempre «Striscia» sia lontana da ogni forma di razzismo. Ma il dispiacere resta: «Siamo addolorati, profondamente. Eravamo in totale buona fede: sapere di aver urtato la sensibilità di qualcuno ci dispiace moltissimo. Ma quello che sta succedendo è spaventoso: abbiamo ricevuto una vera ondata di odio che è arrivata fino alle minacce di morte».

La showgirl ha pubblicato inoltre un lungo video sui social per le scuse e in cui ribadisce di non aver agito intenzionalmente.

L’intervista alla Hunziker e Scotti

Un passo alla volta. Da dove iniziamo?
H: «Dalle scuse. Le ho postate anche sui social e non voglio certo rimangiarle. Anche se sei in buona fede, se ti rendi conto di fare male a qualcuno, ti dispiace molto e la prima cosa da fare è chiedere scusa, senza riserve. Essere accusata di razzismo mi fa malissimo».

S: «Chiedo scusa anche io: se ho involontariamente offeso qualcuno la cosa mi fa riflettere. Ma che in un momento umanamente difficile come questo, si riesca a produrre tanto odio, la cosa mi lascia allibito. E non sono né un ingenuo né un ragazzino. Però la quantità di violenza che si riesce addirittura a veicolare in questi contesti mi sgomenta».

Non immaginavate una simile reazione?
H: «Da 25 anni lotto e mi batto contro ogni forma di discriminazione. Ho dato vita a una fondazione che ogni giorno cerco di alimentare, con grande impegno e ho sempre comunicato l’importanza dell’inclusività. Poi succede una cosa del genere e non solo tutto sembra cancellato, ma da ore ricevo minacce di morte, messaggi in cui dicono di voler bruciare i negozi di mio marito Tomaso (Trussardi, ndr.) chiamato in causa senza un motivo. Dicono di boicottarlo, ci scrivono che dobbiamo morire noi, le nostre figlie, che deve andare a fuoco la nostra casa. È come vivere un incubo. Tutto questo odio, poi, a cosa porta? A combattere realmente per i diritti umani di tutti? È propedeutico?».

S: «Sono piuttosto avvezzo al bene e al male della vita, ma una cosa del genere non mi era mai capitata. È lontana da me ogni forma non solo di razzismo ma di discriminazione e il mio lavoro lo testimonia. Sentirmi accusare di questo per una cosa del genere mi lascia sbigottito».

Avete parlato di odio veicolato. In che senso?
H: «Quando partono cose del genere ormai si hanno gli strumenti per indagare e sappiamo che ci sono gruppi specializzati che vogliono seminare odio e strumentalizzare certe tematiche per avere visibilità. Questo fatto deve essere molto chiaro, anche perché succede tutti i giorni, a prescindere dall’argomento: l’importante è infondere odio. Questo mi ferisce doppiamente. Tra l’altro, questi messaggi non sono quasi mai arrivati da persone che appartengono alla comunità cinese, ma da gente che per avere più like si scaglia, cavalcando l’hashtag del momento. E così siamo qui a parlare degli occhi a mandorla fatti da me e Gerry quando in Cina succedono cose inenarrabili, su cui ci dovremmo concentrare, se parliamo davvero di diritti umani».

S: «Io ho diversi amici cinesi e nessuno di loro mi ha detto nulla per la gag. Anche se nemmeno si può chiamare così, sono stati pochi istanti di trasmissione. Se ho offeso allora ho sbagliato, ma anche io vorrei dire di non lasciarsi strumentalizzare da chi semina odio. E di stare anche attenti all’obbligo del politicamente corretto che sta investendo tutta la comunicazione: mi spaventa, suona molto di dittatura, di fascismo».

È anche vero che le sensibilità sono cambiate. Davvero mentre facevate gli occhi a mandorla non vi era venuto il dubbio che quel gesto potesse urtare qualcuno?
H: «Un secondo dopo averlo fatto ci siamo guardati con Gerry e abbiamo detto: non avremo mica toccato qualche sensibilità? La risposta è stata: ma nooo, si capiva che era solo un gioco, una cosa totalmente innocente. La buona fede era totale. Dirò di più: io — e mia figlia Aurora ancora di più — abbiamo questo tratto degli occhi a mandorla. Mia mamma ci dice che è di famiglia, proprio nel nostro dna perché avevamo un bisnonno asiatico. Mia figlia è stata oggetto di bullismo da quando era piccolissima per questo, figuriamoci se avrei mai pensato che fare quel gesto potesse essere un’offesa razzista. È surreale. Pensavo fosse un gioco, una caricatura, come quando imito il siciliano della nostra inviata Stefania Petix. Io stessa poi faccio la caricatura della svizzera. Mai nessuno si è sentito offeso. Ritengo che la bellezza del mondo sia nei suoi colori, anche se il politicamente corretto preferisce il monocolore».

Di recente si è discusso per la N-word. Anche in quel caso c’è chi non la ritiene offensiva.
H: «Invece quella lo è, non c’è dubbio. Dire quella parola è un’offesa e urta il mio sistema nervoso. Altra cosa è credere di giocare con una caratteristica. Non so quanti cinesi siano stati urtati nel sistema nervoso dai miei occhi a mandorla. Ma abbiamo comunque sbagliato. Però essere accusata di essere razzista mi ferisce profondamente. Mi sono sempre schierata dalla parte dei cinesi, che in questo periodo sono al centro di episodi di razzismo gravissimi. E poi sono una donna: ho vissuto la discriminazione sulla mia pelle. So cosa vuol dire impegnarmi tutti i giorni più degli uomini per farmi valere come gli uomini. In più sono bionda, e quindi scema, oca, nel mio caso anche iena ridens. Ma so che c’è una differenza tra l’offesa e l’ironia. Quindi mi fa arrabbiare che qualcuno possa brillare seminando odio e attraverso la denigrazione di persone perbene. Stiamo vivendo un nuovo medioevo e la caccia alle streghe viene perpetrata ogni giorno da gente senza faccia e senza nome. Sicuramente non senza peccato».

S: «Io per più di vent’anni sono stato descritto come il presentatore con la pancia, cicciottello o anche obeso e pelato. Ripeto, davvero la nostra totale buona fede ci aveva un po’ ottenebrati rispetto agli effetti che potevamo suscitare. Abbiamo chiesto scusa. Ora speriamo che possano ascoltare anche le nostre argomentazioni».

Gaia Radino