In mattinata Carlo Calenda, leader di Azione e ideatore del Terzo Polo insieme a Matteo Renzi, ha espresso ancora una volta tutto lo scontento nei confronti dell’ingombrante alleato. Tra le questioni che creano tensione tra Calenda e il neo direttore del quotidiano Il Riformista ci sono il nodo dei fondi da destinare al progetto comune e la tempistica per arrivare al partito unico in autunno, in tempo per la campagna elettorale delle europee del 2024.
Lite nel Terzo Polo: i motivi dello scontro Calenda-Renzi
Con l’avvicinarsi del termine ultimo fissato per la realizzazione del progetto di unirsi in un unico schieramento, sale la tensione tra i leader di Azione e Italia Viva. Le due forze politiche del Terzo Polo, impegnate a definire il percorso che dovrebbe portare alla formazione di un partito unico liberaldemocratico, stanno attraversando un momento difficile. La tensione si percepisce nelle parole stesse del leader di Azione, Calenda che, dopo aver smorzato pubblicamente le polemiche e smentito le voci di una prossima rottura nei giorni scorsi, ha accusato Renzi di tirarla per le lunghe e di non voler davvero aderire al progetto del partito unico in quanto il suo rifiuto di sciogliere Italia Viva, indica l’intenzione di voler mantenere “la “scatola” di Italia Viva come centro di potere”, bloccando ogni passo avanti sulla strada del partito unico. Il leader di Azione chiede quindi al suo alleato “garanzie scritte” sullo scioglimento di Italia Viva e sulla messa in comune dei finanziamenti per affrontare la campagna elettorale per le europee del 2024.
La replica di Renzi non si è fatta attendere: nella serata di ieri, il leader di Iv ha dichiarato che “non c’è alcun motivo politico per rompere il progetto del Terzo Polo” e, per quanto riguarda lo scioglimento del suo partito, “è evidente che se facciamo il partito unico poi si scioglie Italia Viva così come si scioglie Azione” ma “lo scioglimento anticipato non si è mai visto nella storia. Va contro le leggi della fisica: prima si fa il partito unico che non può che essere un partito fondato su un percorso democratico dal basso”.
Lite nel Terzo Polo: le ipotesi
Nonostante le accuse e controaccuse susseguitesi nelle ultime ore, sembra esserci la volontà da parte dei due partiti di trovare un punto di incontro, anche perché la via del divorzio sembra essere molto costosa: il ritorno ai due partiti farebbe perdere al Terzo polo i numeri per i gruppi unici in Parlamento e, di conseguenza, il finanziamento pubblico riservato ai gruppi che ammonta a circa 50mila euro a parlamentare all’anno.
Entrambi i leader in serata hanno convocato una riunione. In Italia viva la sensazione è che sia Calenda a voler “far saltare il partito unico” con alibi e finte motivazioni legate alla questione di soldi e alla decisione presa da Renzi di assumere la direzione del quotidiano Il Riformista. In Azione la linea che emerge è che non si può arrivare al partito unico del Terzo Polo senza prima sciogliere gli altri due partiti.
Roberta Maria Di Giovangiulio
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