“Lo spietato” stasera in tv, Riccardo Scamarcio è Santo Russo della Mala

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Di Federica De Candia

Come un residuo della Banda della Magliana, un gangster in vestaglia di lusso che guarda la Madonnina dal suo terrazzo. Santo Russo, del calabrese rimane solo il nome e le affiliazioni alla ‘ndrangheta. “Lo spietato” stasera in tv, la Mala sotto le note di Peppino Gagliardi.

Che vuole questa musica stasera“, è il brano scelto nel prologo del film, che fu anche colonna sonora di “Profumo di donna” di Dino Risi. Sembra così delicato, e con palpabile malinconia, accompagna la Milano ‘da bere’ degli anni ’80, a cui guarda Santo. La faccia di un meridionale stabilitosi all’ombra del Duomo. Quattro passi e sprofonda nella nebbia. Non la lieve coltre della Padania, ma quella fitta della criminalità, degli affari sporchi, del traffico di eroina. Il rombo della sua Lamborghini, e lui che si presenta come imprenditore. Devoto solo all’oro e alla ricchezza, per cui sarà disposto a tutto.

Lo spietato dell’hinterland

Lo Spietato, con Riccardo Scamarcio – Trailer da YouTube

Santo Russo, è a suo agio con il vocabolario milanese. Ti dice ‘testina’, e sembra Massimo Boldi più che un originario calabro. Parla di ‘umbrela’ come Iannacci, e il suo idioma caliente è completamente scordato. “Dai che facciamo tardi alla messa“, peccato che sia il loro codice per dire di affrettarsi in un colpo, e nessuna remissione. Di cattolico nel film c’è solo la moglie di Santo (Sara Serraiocco). Che inizierà presto a comprendere chi ha sposato.

Renato De Maria è il regista de “Lo spietato“, film del 2019 stasera in tv, tratto dal libro “Manager calibro 9” di Piero Colaprico e Luca Fazzo, ispirato alla storia vera del criminale Saverio Morabito. L’adattamento cinematografico ha voluto una voce narrante fuori campo, ad accompagnare e spiegare le azioni. E sembra suggerire una certa ironia, e toni leggendari ed epici, ad imprese che di eroico non raccontano nulla. Se non la straziante evoluzione della criminalità a Milano. La prima parte del film vede ancora ambienti scarni e grigi, non ancora precipitati nel lusso; ci sono le citazioni poliziesche, che non bastano a togliere l’aria da ‘cumenda’ di cui si è impossessato il protagonista. E appaiono personaggi malavitosi conosciuti in carcere. Come Slim, anch’egli calabrese ma con seri problemi d’identità, almeno nel nome.

Sapessi com’è strano sentirsi banditi a Milano..

Lo spietato- Scene film – Da YouTube

Le musiche sono di Riccardo Sinigallia, ex dei Tiromancino. Con una armoniosa cover di “Malamore“, brano del 1977 che cantava Enzo Carella e scritto da Pasquale Panella. Le atmosfere cambiano; si torna indietro nel tempo, lustri fa del vecchio cinema. L’unico momento per chiudere gli occhi. Dimenticare il sangue, le scazzottate da ring, e ridare Milano ai suoi Memo Remigi e compagnia, a chi l’ha raccontata bene.

Giacchetta strizzata, la camminata sicura che se non incute paura, almeno ti fa spostare un metro in là. Gli atteggiamenti malsani e viziati. “Assettati ca”, che gli esce con qualche difficoltà, contamina sporadicamente la sua parlata meneghina. Manca solo che nomini la ‘cadrega’ di Aldo, Giovanni e Giacomo. Non ha certo la serietà de “Il Padrino“, la credibilità e quel ‘rispettoso’ silenzio a cui ti costringeva Al Pacino. Anche se s’impegna, Scamarcio, dai Navigli a piazzale Loreto passando per Monza sotto copertura, alla frase ‘mani in alto è una rapina’, non farebbe girare nessuno.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema. Seguici!