“Ricorda con rabbia” è una commedia teatrale di John Osborne, ambientata in un monolocale dello Yorkshire nell’anno bisestile del 1956. E si sa che “anno bisesto”…
La rabbia di cui si parla è l’edificio in cui si consuma il dramma incomunicabile della nostra necessità di essere dipendenti ed indipendenti simultaneamente, figli di una società cinica e conformista che non ci rappresenta, ma è comunque accogliente. Succedeva già nel 1960.
Grazie a “Look back in anger” è nata l’espressione (verbale e letteraria) per descrivere gli scrittori inglesi dalla metà degli anni ’50: i giovani arrabbiati. Che appunto erano giovani ed arrabbiati, oltre che talentosi e sfrontati. Nonostante lo spettacolo abbia ricevuto numerose stroncature dalla critica (i critici e le previsioni meteo, si sa, raramente ci azzaccano), ha avuto un successo tale da tenere cartello per 18 mesi a Londra ed arrivare persino al cuore gelido di Mosca. Conosciamo gli inglesi per la fama di essere estremamente polite and politically correct, o almeno così ci han detto, ma in questo caso emerge con tagliente precisione un personaggio immorale, violento, inetto, abietto e, certamente!
Anarchico: Jimmy Porter.
NB: spoiler sul plot della commedia; se non volete rovinarvi la sorpresa (probabilmente rivedremo lo spettacolo a fine febbraio a la Fonderia di Roma) saltare a piè pari i paragrafi seguenti per ricongiungersi all’intervista finale, last but not least, con il regista Alessandro Catalucci.
Jimmy è un giovane dalla mente brillante ma offuscata dal rancore di ceto basso, mentre sua moglie Allison una donna asservita alla faccende domestiche, figlia di un colonnello e quindi, appartenente ad una classe borghese-militare medio alta. Poi c’è Cliff; un amico attaccato emotivamente alla coppia, pensionante stabile in casa Porter. Così inizia il primo atto in cui emergono le dinamiche familiari tra i componenti: la rabbia e la frustrazione di Jimmy nei confronti della famiglia di Allison (che senza badar troppo alle chiacchere del marito, stira e ristira), e l’accondiscendenza di Cliff per l’uno e per l’altra, il quale finisce per essere sempre il pacere e la bilancia della coppia. Jimmy e Cliff cominciano a giocare rozzamente e maldestramente, fino a ferire Allison che, rimasta sola con Cliff, gli confessa di aver avuto un incidente di percorso e cioè di essere in stato interessante.
Interessante.
Nel secondo atto scopriamo Helena, un’amica cara di Allison, nonché attrice ricca e giramondo, snob e indipendente; rappresenta l’opposto di ciò che è Allison e per questo (o forse per celarne le vere ragioni) Jimmy la detesta. Ma tanto è un sentimento ricambiato ed infatti, dopo un’ennesima conversazione aspra e sterile, Jimmy va a prendere una telefonata urgente fuori dalla scena mentre Helena annuncia di aver spedito alla famiglia di Allison un telegramma in cui si prega di venire a salvarla. Allison seppur contrariata accetta e se ne torna dal padre, Helena invece, resta un giorno ancora prima di ripartire. O almeno, è quello che dice all’amica. Se non ché, quando Jimmy rientra, non solo la tradisce spifferandogli che la moglie sia incinta, ma se lo sbaciucchia anche, finendo l’atto nel letto.
Al terzo atto e a distanza di qualche mese, è Helena a stirare con indosso la camicia che aveva Jimmy nel primo atto, c’è sempre Cliff ma l’atmosfera è rilassata e serena tra loro, finché Cliff comunica di volersene andare a vivere per fatti propri. Così Jimmy fa per aprire la porta, ma si ritrova Allison davanti, con il (suo solito) muso lungo e contrito. Non c’è nessun abbraccio e anzi, in tono al limite dell’iracondo, Jimmy sentenzia: “friend of yours to see you” e se ne va. Dopo essersi scusata del suo atteggiamento immorale, Helena va via a sua volta. Si conclude con una riconciliazione (che assomiglia alla pietà di Michelangelo) abbastanza sentimentale tra orso e scoiattolo, ovvero tra Jimmy e Allison.
Considerazioni:
Maledetta Allison, maledetta Helena, l’una succube e l’altra puttana. L’una la rappresentazione del male delle donne e l’altra anche. Tuo marito è uno stronzo poveraccio borioso e rancoroso che vende dolci in bancarella e ti tratta peggio di una lacchè e tu, tutto quello che riesci a fare, è scappare e neanche per sempre? Ed Helena rubacuori, esempio di cuculo femminile, nemmeno l’onestà di recitare la tua parte da infame fino alla fine?
Ecco, purtroppo son donna, e le donne mi stanno a cuore. Ma parliamo di uomini: Cliff dove sei? Sei stato davvero un buon amico, o ti sei accontentato di essere spettatore delle vicende altrui? E sul più bello abbandoni? Pessimo marinaio! E Jimmy? tronfio esemplare di sprezzante out-sider che se la prende con le donne e la politica, con i padri e le “Madeline” andate, Stella persa in gioventù, ma mai con se stesso e la sua inettitudine.
Comunque diciamo che non erano proprio considerazioni oggettive, e quindi chiamo direttamente Jimmy per dirgliene quattro, visto che è lui il vero artefice del “patatrac” (si può dire?) ma mi ritrovo a parlare con il regista e quindi è lui a dirmene quattro a me:
nel prossimo articolo l’intervista con il regista Alessandro Catalucci.