Ancora una volta la moda chiama l’arte e l’arte chiama messaggi forti e chiari da lanciare sul palco. Non avevamo dubbi che anche questa sera la moda avrebbe fatto da veicolo di messaggi importanti e la forza comunicativa di Schiaparelli si esprime sul corpo di Chiara Ferragni durante questa quinta serata al Festival di Sanremo.
Look Chiara Ferragni a Sanremo 2023: l’attivismo per i diritti riproduttivi, la forza tutta femminile di Schiaparelli
Chiara scende dall’Ariston come una dea dall’Olimpo, oggi rispetto alla prima serata completamente padrona della scena. Porta Schiaparelli sulla scena con l’iconico bustino come una vera e propria dea greca. Il primo abito, estremamente iconica, porta questo bustino trompe l’oeil in resina metallizzata con un peplo monospalla, in seta blu elettrico. Il caschetto piastrato, maxi orecchini dorati coordinati alla catena con il lucchetto che forma un cuore incastonato nel bustino. La donna e madre guerriera, questo primo splendido abito, che urla a voce alta come si può esser donne senza dover essere considerata solo una madre. La durezza dell’armatura oro scolpita sui seni di Chiara raffigura come la forza è tutta femminile, e per esprimersi non deve imitare quella maschile per poter essere presa sul serio. La scelta ricade sull’azzurro per riprendere la sacralità della maternità rappresentata in questo caso come stereotipo della donna, proprio per ricordare che non siamo semplicemente apparati riproduttori. Ma mondi ben più grandi, non riconducibili soltanto a questo. Perché dobbiamo sempre sentirci in colpa, come madri e donne, se decidiamo di continuare a volere una vita oltre quella che mettiamo al mondo? Si può conciliare tutto? Sì. La società deve ancora farci sentirci in colpa? No.
Il secondo look: il body painting
Il secondo look della serata, sempre Schiaparelli, è un abito azzurro con delle pennellate dorate dipinte a mano dal designer Daniel Roseberry che disegnano un corpo femminile come una venere paleolitica. La bellezza di questo abito sta nel riprendere il gesto audace di Yves Klein che cercava di liberare i corpi delle donne dall’immobilità di manichini, costrette a ruoli marginali, di cornice. Questo abito inneggia alla liberazione dei corpi delle donne, di disporre dei propri corpi per farne ciò che si vuole. E non poteva che essere proprio il palco dell’Ariston, che ha relegato (quasi) sempre la figura della donna a “valletta”, “manichino”, di contorno. Free women.
Il terzo look: l’abito dei diritti umani
Il terzo vestito è un abito nero con uno scollo profondo meraviglioso. Ma il vero padrone è questo pendente trompe l’oeil che raffigura un utero. Questo abito porta il titolo più importante: l’abito dei diritti umani. Questo è l’abito che simboleggia l’attivismo per i diritti riproduttivi. Aborto, procreazione assistite devono essere diritti riconosciuti a tutti, in qualsiasi parte del mondo, per qualsiasi essere umano.
Chiara con questo vestito, insieme al suo team, decide di portare sul palco un tema fortissimo: ogni essere umano, che sia uomo, che sia donna, deve essere in grado di poter prendere liberamente decisioni sul suo corpo. L’essere umano deve essere libero di amare, di riprodursi, di cercare ciò che vuole, il suo destino, il suo amore, suo figlio, il suo futuro. Un inno alla libertà dell’individuo, una speranza che le nostre battaglie finiscano con noi, che i nostri figli non debbano ancora combattere per questi diritti.
Il quarto look: la femminilità maschile
Il quarto look torna con il concetto di femminilità maschile. L’abito pantalone in velluto nero, il corsetto con la forma degli addominali ricamati di perle, per ritornare al concetto di stereotipo sessista. La forza è maschile, quindi per poterla dimostrare devo essere maschile. Sbagliato. Questo è il concetto dietro questo completo realizzato da Daniel Roseberry: non serve mostrare i muscoli per essere delle dure. Un messaggio riservato agli uomini che sono ancora convinti che solo nel momento in cui mostriamo i nostri muscoli allora le donne possono essere degne di riconoscimento di rispetto. Rinunciare alla femminilità solo perché non degna di “forza” e “rispetto” dalla società è ciò che di più sbagliato possiamo fare.
Dietro questi concept Chiara Ferragni e Fabio Maria Damato, insieme a Daniel Roseberry di Schiaparelli.
Arianna Lomuscio
Seguici su Google News