Il 1968 fu l’anno del diritto allo studio che non conoscesse differenze di classe e razzismi, uno studio che potesse formare le menti. Nel 2017, quasi cinquant’anni dopo, la scuola cambia volto e da fabbrica del sapere diventa fabbrica di manovalanza, a costo zero.
Da una parte gli studenti che arrancano in una scuola obsoleta e priva di contenuti altamente formativi e innovativi, dall’altra intere famiglie che continuano a pagare per un servizio pericoloso in termini strutturali e penoso in termini educativi.
Gli ultimi due anni in Italia, infatti, sono stati teatro di importanti novità in questo settore.
Da un lato l’alternanza scuola- lavoro che riduce gli studenti medi a semplici volontari, perché di lavoro retribuito non si parla, una manovalanza a costo zero utile alle aziende per risparmiare sui costi del personale. Dall’altro la battaglia ciclopica delle istituzioni, e nello specifico della Presidente della Camera Laura Boldrini e della Ministra dell’Istruzione Fedeli, in merito alla ormai nota caccia alle fake news.
Così, mentre gli studenti medi in tutta Italia, Venerdì 20 ottobre, manifestavano contro l’alternanza scuola- lavoro per rivendicare i propri diritti in quanto studenti, così pochi giorni prima la Presidente Boldrini presentava al New York Times l’iniziativa per “educare una generazione di studenti a riconoscere le fake news e le teorie cospirative” che riguarderà ottomila studenti in tutto il Paese dal 31 ottobre 2017.
L’esperimento “i dieci comandamenti dell’era digitale” infatti coinvolgerà i principali social tra cui Facebook, il colosso Google e le maggior realtà nostrane Rai e Confindustria.
La Presidente Boldrini ha spiegato nel corso dell’intervista che l’iniziativa, condivisa con Facebook, e di cui lo stesso si sta facendo promotore attraverso campagne mirate, persegue l’obiettivo di dimostrare il giro economico per finalità politiche che ruota intorno alle fake news.
Da semplici studenti quindi ad operai, e per chi aspira a posizioni più gratificanti, c’è sempre il posto da cacciatori di fake news.
“Alfabetizzazione digitale” la chiamano a Montecitorio.
In seguito alla Lectio Magistralis tenutasi a Montreal, la Presidente Boldrini risponde alle domande dell’AGI sui temi trattati, in particolare migrazioni, integrazione e la lotta a “Le fake news- che dichiara- instillano gocce di veleno nella nostra quotidiana dose di web e noi finiamo per esserne infettati senza nemmeno accorgercene” . Inoltre afferma che “è semplicemente una cosa giusta dare ai ragazzi la possibilità di difendersi dalle bugie”.
Anche Twitter infatti ha visto il comparire della campagna di sensibilizzazione #bastabufale.
“Lotta alla retorica della paura e all’intossicazione del web” queste i concetti base da cui parte la battaglia dalla Presidente della Camera Boldrini. Una nuova scuola per giovani internauti.
Chissà com’è, ma proprio alla vigilia del 2018 che vedrà l’Italia alle urne, la priorità sembra essere l’intervento urgente sulla gestione delle fake news e sulla loro interpretazione soprattutto da parte di chi un domani rappresenterà il nuovo elettorato.
Dal canto suo Facebook, in passato, è stato più volte criticato sulla gestione dei contenuti, specie in materia di propaganda e censura. Le domande difatti sorgono spontanee. Dove nasce e muore una fake news? Quali sono i filtri che possono determinare la veridicità di una notizia o la sua falsità? La scuola non dovrebbe garantire una preparazione tale da poter discernere la qualità di ciò che si legge?
Soprattutto, potrebbe invece questa misura avere degli effetti controproducenti in termini di libertà di espressione e informazione? Potrebbe minare l’editoria e l’informazione indipendente che tanto negli anni hanno lottato contro le major che dominano i mercati?
Tutto riconduce alla scuola, all’educazione, al senso civico. Una scuola efficiente ed educativa, una scuola che insegna il ragionamento, ove si impara la filosofia, la letteratura e soprattutto la storia, la matematica, il latino che preparano la logica delle menti del futuro.
Insomma, la verità è che internet nello specifico non appartiene a nessuno e quindi non è possibile regolamentarlo.
L’interpretazione del web del resto è possibile solo con l’esperienza. A tutti è capitato di leggere notizie false e sapere che lo fossero, ma solo dopo anni di navigazione, letteralmente. E’ importante avere un background culturale, confrontare le fonti, saperle individuare. Com’è altrettanto importante adottare misure che non mettano in pericolo la libertà di espressione e informazione che la Costituzione garantisce.
Annalisa Maddocco