Louise Glück è la prima poetessa a vincere il Nobel dall’assegnazione, nel 1996, alla polacca Wislawa Szymborska ed è la sedicesima donna premiata con il nobel dal 1901. Chi è il nuovo premio Nobel per la letteratura 2020
Quest’anno sono rimasta particolarmente affascinata dall’annuncio del nominativo vincitore del Premio Nobel per la Letteratura: Louise Glück.
Ok, il primo impatto – faccio mea culpa – è stato: bene, di chi stiamo parlando?
Ma poi, da buona ricercatrice e curiosa incurabile, scopro che parliamo di una poetessa americana, molto famosa in patria, molto meno in Italia.
Evviva, una poetessa!
In realtà mi ritrovo a gioire, per due motivi: il primo è che l’onorificenza è andata ad una donna (come anche nel caso della doppietta femminile per il Nobel per la chimica), la seconda è che scrive poesie. Una felicità assolutamente personale ed intima, ritrovandomi in un momento della mia vita da lettrice in cui mi sto avvicinando proprio alla beata spensieratezza dei versi brevi.
La prima poesia in cui mi imbatto è ‘: Tramonto’: Eppure la tua voce mi raggiunge sempre/ E io rispondo costantemente,/la mia collera passa/come passa l’inverno. La mia tenerezza/dovrebbe esserti chiara/ nella brezza della sera d’estate/e nelle parole che diventano/la tua stessa risposta. (Tramonto)
Natura ed amore insieme, in poche righe che descrivono uno stato d’animo personale, ma che per un breve attimo è sembrato appartenesse anche a me.
Le motivazioni
Probabilmente non solo la sola ad avere avuto questa sensazione, visto che tra le motivazioni dell’Accademia di Svezia è inserito come ‘x factor’ (perdonatemi il paragone molto pop, ma decisamente esplicativo) “la sua inconfondibile voce poetica, che con austera bellezza rende l’esistenza individuale esperienza universale”. La Glück scrive, e nel leggerla ci sentiamo assorbiti, assuefatti, circondati dalle stesse sensazioni da lei descritte.
Credo che in questi tempi frenetici, problematici, incerti, il Premio non sarebbe potuto che a un ‘produttore di poesia’. Ne abbiamo persa così tanta nell’adattamento a questa fase così delicata che stiamo vivendo tutti, indistintamente, che abbiamo bisogno di versi brevi, sinceri, rassicuranti nella loro narrazione aulica di una quotidianità domestica, familiare, sentimentale.
Taci, mio amato. Non mi importa/quante estati vivo per tornare:/questa sola ci ha dato l’eternità./Ho sentito le tue mani/seppellirmi per liberare il suo splendore. (I gigli bianchi)
Leggo attesa in questi versi, attesa che tante e tanti di noi hanno vissuto o ancora vivono. E’ una poesia genuina, vera, in cui ognuno può immedesimarsi o sentirsi chiamato in causa. Per di più nei suoi scritti spesso è assente qualsiasi riferimento che possa indicare il genere o altri elementi che indichino qualsivoglia identità a descrizione dei protagonisti della sua poesia: una impersonalità universalista, non fredda e distaccata, bensì rispondente a quel desiderio di superare le diversità, le etichette, i ruoli imposti dalla società.
Chi è Louise
Louise Glück è la prima poetessa a vincere il Nobel dall’assegnazione, nel 1996, alla polacca Wislawa Szymborska ed è la sedicesima donna premiata con il nobel dal 1901. Abbiamo detto semisconosciuta qui in Italia, ma già vincitrice in patria del premio Pulitzer (nel 1993) e del National Book Award. La sua poetica è stata fortemente segnata dall’anoressia, di cui ha sofferto durante gli anni di adolescente e poi giovane donna.
Who can speak of the future? Nobody knows anything about the future,/even the planets do not know./But the princesses will have to live in it. (A children’s story)
Questi i versi che Louise Glück ci regala – inediti e non ancora tradotti – e che saranno a breve pubblicati sul prossimo numero della New York Review of Books. Versi che indubbiamente parlano a tutti noi, che io leggo pensando “hai ragione, domani chissà”. Ma siamo in ballo, e dunque balliamo principesse o no.
Si cara Louise, nella mia enorme piccolezza di lettrice novella della poesia, mi sa che il Nobel te lo avrei dato anche io.