Dopo un negoziato fiume di oltre 36 ore, le istituzioni Ue hanno raggiunto l’accordo sull’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale. Si tratta del primo quadro normativo sui sistemi di IA nel mondo. Lo annuncia in un tweet il commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton. Obiettivo della normativa è garantire che l’IA protegga i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale, stimolando al tempo stesso l’innovazione e rendendo l’Europa leader nel settore.
Si tratta di una decisione storica, sottolinea Breton, in quanto “L’Ue diventa il primo continente a stabilire regole chiare per l’uso dell’intelligenza artificiale. L’#AIAct è molto più di un regolamento: è un trampolino di lancio per startup e ricercatori dell’Ue per guidare la corsa globale all’intelligenza artificiale. Il meglio deve ancora venire”.
In un mondo in cui l’intelligenza artificiale diventa sempre più centrale nella società, si è reso necessario trovare una regolamentazione. L’obiettivo della normativa è garantire che l’IA protegga i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale, stimolando al tempo stesso l’innovazione e rendendo l’Europa leader nel settore. Sono servirete ben 36 ore di negoziati per raggiungere questo risultato, che ha ricevuto anche il plauso del presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen: “La legge europea sull’intelligenza artificiale è una novità mondiale. Un quadro giuridico unico per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale di cui ci si può fidare. E per la sicurezza e i diritti fondamentali delle persone e delle imprese. Un impegno che abbiamo assunto nei nostri orientamenti politici e che abbiamo mantenuto”.
AI Act: cosa prevede la prima legge sull’intelligenza artificiale
L’identificazione biometrica sarà possibile solo in pochi casi mentre i cosiddetti “foundation models”, le potenti infrastrutture che stanno alla base dei prodotti di intelligenza artificiale generativa, dovranno rispettare alcuni criteri di trasparenza per poter essere immessi sul mercato.
I negoziatori hanno concordato, infatti, una serie di salvaguardie e ristrette eccezioni per l’uso di sistemi di identificazione biometrica (Rbi) in spazi accessibili al pubblico a fini di applicazione della legge, previa autorizzazione giudiziaria e per elenchi di reati rigorosamente definiti. L’Rbi post-remoto, si spiega in una nota del Parlamento europeo, verrebbe utilizzato esclusivamente per la ricerca mirata di una persona condannata o sospettata di aver commesso un reato grave.
I sistemi di identificazione biometrica in tempo reale, si legge ancora nella nota, devono essere conformi a condizioni rigorose e il loro uso deve essere limitato nel tempo e nel luogo, ai fini di: ricerche mirate di vittime (rapimento, traffico, sfruttamento sessuale), prevenzione di una minaccia terroristica specifica e attuale, localizzazione o identificazione di una persona sospettata di aver commesso uno dei reati specifici menzionati nel regolamento (tra cui terrorismo, traffico di esseri umani, omicidio, stupro).
La lista dei divieti include i sistemi di categorizzazione biometrica che utilizzano caratteristiche sensibili, come le convinzioni politiche, religiose e la razza; la raccolta non mirata di immagini del volto da Internet o da filmati di telecamere a circuito chiuso per creare database di riconoscimento facciale; il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro e nelle scuole; il social scoring; le tecniche manipolative; l’Ia usata per sfruttare le vulnerabilità delle persone.