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Ottobre 9, 2024, mercoledì

Ma’Khia Bryant, da vittima a simbolo delle madri afroamericane

Neanche nella giornata sulla salute delle donne si ferma la conta delle vittime. 948 le sparatorie mortali nei primi 4 mesi del 2021 negli Stati Uniti. Di queste morti, troppe quelle di giovani donne afroamericane uccise dalla Polizia nell’America post – trumpiana. A Columbus in Ohio è morta infatti la 16 enne afroamericana Ma’khia Bryant per mano di un agente ora in congedo. Oggi le madri afroamericane tremano di rabbia più che di paura. Sostengono infatti che la morte della giovane mostri il razzismo sistemico e pervasivo degli USA.

Ma’khia Bryant è stata infatti uccisa a colpi di arma da fuoco dalla polizia durante un alterco che coinvolgeva almeno un’altra ragazza. Il video dell’incidente, ripreso tramite body cam della polizia, è raccapricciante. Ma’khia è morta nonostante all’unanimità si sia gridato alla giustizia della condanna di Chauvin. Questo, per le donne, è sintomo di quanto il razzismo sia radicato. L’adolescente è stata infatti uccisa appena 20 minuti prima che una giuria di Minneapolis dichiarasse l’agente Derek Chauvin di Minneapolis colpevole dell’omicidio di George Floyd. Ora Bureau of Criminal Investigation trasmeterà le sue conclusioni all’ufficio del procuratore per l’esame davanti a un gran giurì.

Il video

Le immagini mostrano l’agente Nicholas Reardon che si avvicina a un gruppo di persone in piedi in un vialetto. Ma’Khia spinge un’altra ragazza che cade a terra. La Bryant a questo punto sembra lanciare un coltello ma l’agente Reardon le spara. La 16 enne morirà poco dopo. Il video, o meglio lo spezzone mostrato ai media, è uscito a 6 ore di distanza dall’accaduto. A pochi minuti dalla sparatoria una folla si è radunata, urlando contro gli ufficiali. Il capo della polizia ad interim di Columbus, Michael Wood, ha detto che 90 secondi dopo lo sparo è stato chiamato un medico. I medici del Columbus Fire sono stati autorizzati a raggiungere la scena alle 16:46, stando a quanto ha riferito la Polizia. Ma’Khia è stata trasportata in condizioni critiche in un vicino ospedale, dove è stata dichiarata morta alle 17:21.

Le proteste

Dopo l’ennesimo episodio di razzismo ed abuso di potere le madri afroamericane reagiscono e protestano in tutto il Paese. Per le madri di figli non caucasici oggi si amplifica la sfida particolarmente complessa di proteggere e preparare i propri figli in modo equilibrato. Claudia Huiza, ricercatrice clinica, ha scelto di crescere i suoi figli in California dove le scuole sembrano sicure e rispettabili. «Ma in questo momento – ammette Huiza – mia figlia ha molta paura della polizia».  La Huiza collega la paura di sua figlia ad un episodio ben preciso. La bambina aveva 9 anni e ha visto la mamma, latina, insieme all’ex marito di colore, fermata da un agente di polizia sotto la minaccia delle armi per un fanale posteriore rotto. Per circa 45 minuti, in quell’occasione, gli agenti hanno puntato le pistole alla testa dei genitori accusandoli di aver rapinato un Burger King.

L’invito alla pazienza e il clima di tensione

La Casa Bianca ha definito la sparatoria di Ma’Khia “tragica”. Mercoledì, durante una conferenza stampa, il direttore della sicurezza pubblica di Columbus, Ned Pettus, ha invocato la pazienza. Tuttavia sono ancora troppe le donne a cui quel video ha ricordato episodi familiari e per questo, oggi più che mai, protestano. «Giustizia – spiegano alcune di loro – significherebbe smantellare un sistema che protegge i poliziotti che ci uccidono». Le forze dell’ordine, infatti, non sono una garanzia di protezione, anzi. Per chi non è “bianco” stare al sicuro significa anche evitare la Polizia. Questa violenza si instaura in un clima di razzismo radicato e mai sopito con cui le madri afroamericane devono fare i conti. Molti gli attivisti secondo i quali la morte di Ma’Khia Bryant dimostra che il verdetto di colpevolezza di Chauvin è solo l’inizio. Kiara Yakita, fondatrice del Black Liberation Movement Central Ohio, ha detto di non essere stata sorpresa da un’altra sparatoria della polizia.

di Serena Reda

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