Mancini prende le redini della nazionale azzurra. Nel suo passato tanti titoli da calciatore ed allenatore, ma scarso feeling proprio con la nazionale.
Passaggio – Arriva Mancini e l’Italia calcistica riprende a sperare. Archiviata definitivamente la nefasta era Tavecchio – Ventura (peccato ricordare così l’ex tecnico granata), che non è riuscita a portare l’Italia ai Mondiali di Russia 2018.
Solo due volte la nostra nazionale di calcio non è riuscita a centrare la qualificazione alla fase finale dei mondiali. La prima avvenne nel 1958, quando le gare della fase finale si disputarono in Svezia. Del resto, proprio il periodo degli anni Cinquanta, è ricordato come il peggior momento per le sorti azzurre.
La seconda, come sappiamo bene, è avvenuta quest’anno, al termine di un periodo nero per gioco espresso, e per la scadente “credibilità” sul piano della volitività e del livello tecnico presentato.
Certo, ci sarebbe anche l’episodio del 1930, nel quale l’Italia non calcò i campi uruguaiani nel corso della fase finale dei mondiali, ma in quell’occasione a pesare in modo decisivo, più che una mancata qualificazione sul campo, furono la distanza dell’evento e gli attriti, veri o presunti, tra la federazione calcistica italiana e quella dell’Uruguay.
Ora il passaggio del testimone mette al centro dei riflettori Roberto Mancini, e proprio lui ha ritenuto di infiammare l’ambiente del calcio nostrano, facendo leva sull’orgoglio nazionale, e su quella voglia di interpretare lo sport più diffuso al mondo in modo originale, ovvero nel “nostro” modo.
Ritratto – Roberto Mancini, marchigiano di Jesi, classe ’64, nasce calcisticamente con la maglia rossoblu del Bologna, arrivando con questa casacca ad esordire in Serie A all’età di soli 17 anni. Proprio da minorenne, addirittura, riesce a firmare il suo primo gol nella massima serie italiana di calcio.
Le prestazioni del centrocampista – fantasista, lo mettono così tanto in luce, che nella stagione successiva Mantovani, allora presidente della Sampdoria, decide di investire su di lui 4 miliardi di Lire, una cifra considerevole tenuto conto anche della giovane età del calciatore.
Con Vialli, alla Samp, Mancini formerà il duo ribattezzato “Gemelli del gol”. Con la maglia della Sampdoria, Roberto Mancini vince nel 1991 il suo primo scudetto, poi bissato dal successo ottenuto con la Lazio nel 2000.
La relazione con la Nazionale non è particolarmente felice. Benché Mancini entri a farne parte stabilmente nel 1986 (all’età di 22 anni), con la maglia azzurra totalizza 36 presenze, senza mai stringere alcun trofeo.
Da calciatore, invece, mette in fila un buon bottino in termini di vittorie: 2 Scudetti, 6 Coppa Italia, 2 Supercoppe italiane, 2 Coppe delle coppe e 2 Supercoppe UEFA.
Da allenatore ha guidato in carriera la Fiorentina, la Lazio, l’Inter, il Manchester City, il Galatasaray e lo Zenit di San Pietroburgo. Risultato? 3 Scudetti italiani, 4 Coppa Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Campionato inglese, 1 Coppa d’Inghilterra, 1 Community Shield ed 1 Coppa di Turchia. Anche per questo nel 2015 Roberto Mancini è entrato nella Hall of fame degli allenatori italiani.
Avventura – Ed ora Roberto Mancini approccia l’avventura azzurra. Così le sue prime dichiarazioni alla stampa dopo l’investitura:
“Sono emozionato perché diventare ct della Nazionale non è così banale e non capita sempre. Ringrazio tutti, mi hanno fatto sentire quello che volevo e cioè che mi volessero al 100% e per me è stato abbastanza semplice scegliere.
Sono orgoglioso di guidare la Nazionale e per uno come me che ha messo piede a Coverciano la prima volta nel 1978 con l’Under 14, arrivare a diventare allenatore della Nazionale penso sia la cosa più bella.
Sono felice di questa scelta per i miei genitori, penso possano essere orgogliosi, ringrazio tutti i miei allenatori avuti da calciatore e tutti quelli che mi hanno aiutato nella mia crescita.
Diventare ct è motivo d’orgoglio e la massima aspirazione per ogni allenatore. Poi ci sono momenti in una carriera in cui si prendono delle decisioni: sono tanti anni che alleno, questo era il momento giusto, dopo la mancata qualificazione ai Mondiali, per fare qualcosa per la Nazionale.
Giocatori in Italia ce ne sono tanti, anche in momenti che pensiamo difficili, e con qualità. Balotelli? È un giocatore italiano, ci parleremo e probabilmente lo chiameremo, vorremmo rivederlo come agli Europei con Prandelli. Pirlo? Parleremo con lui, vedremo cosa vorrà fare.”
Lunedì 28 maggio, l’Italia scenderà in campo contro l’Arabia Esaudita (che a differenza dell’Italia vederemo ai mondiali…), poi ancora il 1° giugno contro la Francia ed il 4 giugno contro l’Olanda.
Dai Mancini, l’Italia vuole tornare grande!
(Fonte foto web)