Da 30 anni nell’immaginario collettivo nazionale Mario Chiesa è identificato come il politico corrotto. Era il 17 febbraio 1992, era il presidente del Pio Albergo Trivulzio, veniva arrestato e cominciava così l’inchiesta Mani Pulite che avrebbe cambiato la storia d’Italia. “Perché puntate sempre su di me? Ero solo una piccola ruota di un meccanismo molto più grande”, si lamenta con il Corriere della Sera mentre fa ancora i conti con gli strascichi dell’indagine che portò al suo arresto, come i due milioni di euro che gli chiede l’Agenzia delle entrate per le tasse non pagate sul reddito generato dalle tangenti

Condannato a 5 anni e 7 mesi che in parte trascorse in affidamento ai servizi sociali, di cui tre condonati, di Chiesa si persero le tracce fino al marzo del 2009 quando tornò sotto i riflettori perché fu arrestato a Busto Arsizio per un traffico di rifiuti con al centro la Servizi ecologici Milano (Sem), una società di cui era amministratore di fatto. Chiusa anche questa vicenda, patteggiando tre anni di reclusione poi cancellati da un nuovo indulto, Mario Chiesa, 79 anni oggi vive da pensionato tra la Lombardia e la Svizzera. Le sue considerazioni filtrano mediate dal legale attuale, l’avvocato Stefano Banfi: “L’ingegnere affronta malissimo tutte le notizie sugli episodi di corruzione e concussione perché, anche nelle vicende che non lo riguardano, c’è sempre chi fa comunque il suo nome”. 

“Ho fatto un qualcosa che molti altri hanno fatto prima e dopo di me, anche in forma più grave, ma di costoro nessuno ricorda mai il nome. Ho ammesso le mie responsabilità, pagato il mio debito con la giustizia, ho restituito tutto quanto dovevo restituire. Non sono io che ho organizzato il sistema di corruttela”, dice al suo difensore ricordando i 6 miliardi di lire restituiti e i risarcimenti versati. Per questo il trentennale di Mani Pulite lo lascia del tutto indifferente, anzi rafforza in lui la convinzione che “la condanna vera è la consapevolezza che non potrà mai beneficiare del diritto all’oblio. Un ergastolo della reputazione”