Con una recente sentenza la Corte di cassazione ha confermato la condanna di un uomo che aveva importunato una donna con la cosiddetta “mano morta”, offendendola a tal punto da spingerla a denunciare i fatti.

Non si tratterà più di un semplice gesto spiacevole, di poco gusto: la cosiddetta “mano morta” costituisce ormai un vero e proprio reato.

A deciderlo, definitivamente, è la sentenza della Cassazione n. 5515/2016. La Suprema Corte ha condannato un uomo, confermando le sentenze del Tribunale e della Corte di Appello, per aver violentato una donna, tentando quell’approccio controverso e fraintendibile che è la “mano morta”.

La “mano morta”, infatti, secondo i giudici della Suprema Corte di Cassazione costituisce una vera e propria violenza sessuale ai sensi dell’art. 609 bis del Codice penale.

Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali“.

Gli Ermellini, a seguito dell’aumento degli episodi, apparentemente lievi, che nascondono e spesso sono l’anticamera di una possibile violenza sessuale, hanno adottato un’interpretazione estensiva ed evolutiva del reato di violenza sessuale. 
La “mano morta”, che sino a pochi anni fa non veniva considerata altro che una “goliardata”, un gesto antipatico e di poco gusto, ora è un vero e proprio reato, pertanto punibile con la reclusione dai 5 ai 10 anni.

I fatti

La questione prende avvio con la condanna di un uomo nel 2009, dopo che una donna che egli aveva palpeggiato, invece di soprassedere, come spesso purtroppo accade, aveva deciso di sporgere denuncia. 
Dopo la condanna in primo grado, il medesimo esito fu confermato dalla Corte di Appello con sentenza del 2015. Stessa cosa con la più recente sentenza di Cassazione, in ottemperanza ad una tendenza sempre più marcata di considerare la cosiddetta “mano morta” una violenza sessuale, non solo secondo la legge ma anche, e soprattutto, secondo il sentire comune.

L’interpretazione evolutiva della giurisprudenza a fronte di una crescente tendenza alla “violenza sessuale”

Si tratta, infatti, di una sentenza che possiamo definire “storica”, in grado di adeguare il dettato normativo alle esigenze sociali, non sempre preventivamente determinate dal legislatore. 
Proprio questo è il compito della magistratura: non solo applicare la legge, ma interpretarla alla stregua del tempo e del luogo.
Anche dando attuazione ad esigenze sociali quali, in questo caso, la condanna di una crescente tendenza alla violenza sessuale e della considerazione della donna solo come oggetto di desiderio.
Una tendenza non sempre esplicita ma allo stesso modo deplorevole, proprio come accade con la “mano morta.

Di Lorenzo Maria Lucarelli