Il governo gioca la carta del blitz e con uno scatto inatteso chiude anzitempo il cantiere della legge di bilancio. Che sarà già oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri, che doveva solo varare il Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Perché questo anticipo? Secondo alcune fonti c’era necessità di rispettare i tempi Ue e la scadenza interna, che vorrebbe la manovra inviata al parlamento entro il 20 ottobre.
Legge di bilancio: la terza manovra Meloni
Con la manovra arriveranno il contributo delle banche e i tagli lineari per i ministeri. Sulle banche si va avanti ad oltranza, ma il vicepremier e leader di Fi Antonio Tajani rassicura: “Nessuna visione punitiva, nessuna tassa sugli extra profitti”. Le banche invece sperano in un intervento né sull’Ires né sull’Irap, ma un contributo sotto forma di intervento sulle Imposte Differite Attive, e sulle stock option. Ipotizzato anche un intervento per i fondi utilizzati per rafforzare il patrimonio bancario. Inoltre, si cerca anche una convergenza sull’entità del contributo. Nelle attese della vigilia, il cdm, convocato oggi alle 20, si doveva limitare a varare il Dpb, ovvero lo scheletro della manovra. Invece, nella serata di ieri è arrivato un via libera in extremis per rispettare la scadenza del 15 ottobre fissata dall’Ue. Il governo si sarebbe preso poi una settimana per portare la legge di bilancio vera e propria in cdm (la data era lunedì 21).
Giorgetti ha trascorso la serata con gli uffici competenti per perfezionare il testo. Alla fine, si confermano gli interventi in favore dei redditi medio bassi e delle famiglie con figli, come fanno sapere ambienti del Mef. Infatti, le entrate arriveranno soprattutto da tagli e razionalizzazione delle spese, e non ci sarà aumento di tasse per le persone e le aziende. La manovra dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 miliardi e confermare a grandi linee le misure dello scorso anno.
Cosa succede alla pressione fiscale? La nuova mossa Meloni
Si è discusso anche del taglio del cuneo e Irpef a tre aliquote, che diventano strutturali. Interventi che, assicura il presidente della commissione Finanze della Camera Marco Osnato (FdI), permetteranno di abbassare la pressione fiscale dal 42,3% del 2024 al 42,1% nel 2025. Si dovrebbe dunque ridurre il dato tendenziale del 42,8% indicato nel Piano strutturale di bilancio. Sul fronte della spending, con un obiettivo fissato a 3 miliardi arrivano i tagli lineari che, secondo quanto si apprende da fonti qualificate del governo, saranno comunque gestibili in modo flessibile. La decisione di distribuire la cifra imposta dal Mef spetterà ai singoli dicasteri. Ci saranno anche le attese risorse per la sanità: un’ipotesi, circolata su siti specializzati, indica una cifra vicina ai 3,2 miliardi. Risorse che serviranno al ministro della Salute Orazio Schillaci ad avviare l’annunciato piano triennale di assunzioni per medici e infermieri.
Infine, per la Pa il ministro Paolo Zangrillo assicura stanziamenti per i contratti 2025/27, mentre sul fronte delle pensioni si punta a perfezionare il bonus Maroni, incentivando chi sceglie di rimanere al lavoro. Dovrebbe essere confermato nel 2025 anche il bonus ristrutturazioni al 50%, ma solo per le prime case. Mentre per tutte le altre da gennaio scenderà al 36%. Resta alta intanto la preoccupazione delle opposizioni, che attendono di capire l’entità dei tagli. Il Pd va in pressing e accusa il governo: la politica economica del governo Meloni, attacca la leader Dem Elly Schlein, è sempre la stessa, tagli e un fisco distorto con condoni e quant’altro.
Marianna Soru
Seguici su Google News