Maradona era uno Psycho Killer

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Di Redazione Metropolitan

Reportage intercontinentali: dagli Stati Uniti di Rauschenberg all’Italia di Paolo Sorrentino.

Non c’è ragione di non considerare il mondo un’immensa pittura.

Sostiene Robert Rauschenberg, pittore statunitense del XX secolo, esponente del Neo Dada e precursore della Pop Art.

Dopo secoli di accademismo, classicismo, formalismo, l’uomo contemporaneo del Novecento, che vive la rivoluzione mass mediatica e guarda le pubblicità, ha bisogno di rispecchiarsi in un’arte che egli, in primis, possa comprendere.

Allontanandosi quindi da forme artistiche pensate per le élite intellettuali, diversi artisti del secolo passato scelgono, come protagonisti delle proprie opere, oggetti della quotidianità, familiari quindi ad un qualunque cittadino.

Mario Schifano – Esso
(foto dal web)

Lungi da rappresentazioni concettuali dell’esistenza umana, ora si preferisce la realtà palpabile del mondo circostante.

In questo contesto, a partire dalla metà del secolo scorso, si sviluppa il Neo Dada, movimento artistico di matrice statunitense, ispirato ai dadaisti (Marcel Duchamp, per intenderci).

Marcel Duchamp – Fontana
(foto dal web)

Tra i maggiori esponenti neo dadaisti ricordiamo Jasper Johns e, soprattutto, il già citato Robert Rauschenberg.

Come sostiene Maurizio Calvesi, per Rauschenberg l’arte è un qualcosa “da compiersi non fuori del mondo, al livello concettuale delle immagini, bensì dentro al mondo, al livello delle cose e degli oggetti”.

(Le due avanguardie, Dal futurismo alla pop art, Editori Laterza, Milano, 1966, pag. 299)
Jasper Johns – Flag
(foto dal web)

Ed ecco infatti spuntare, nelle opere neo dadaiste, la bandiera americana, come nel caso di Flag, realizzata da Jasper Johns.

Robert Rauschenberg – Retroactive I
(foto dal web)

Rauschenberg si spinge ancora oltre, e i suoi capolavori sono dei veri e propri reportage che raggruppano l’immaginario comune americano: il presidente Kennedy, Janis Joplin, i soldati in Vietnam, astronauti e automobili.

Robert Rauschenberg – Signs
(foto dal web)

Ma la vita negli Stati Uniti della seconda metà del Novecento aveva anche la tecnologia, il cinema. La musica!

Ovviamente.

Dico ovviamente perché I Quadri di McLean è la rubrica che va a cercare i legami fra la storia dell’arte e la musica. Ma dico ovviamente anche perché l’America di quegli anni ha prodotto una generazione di cantanti e musicisti dal talento strepitoso.

Tra i tanti, New York ha assistito alla formazione, nel 1974, dei Talking Heads, il cui singolo Psycho Killer è conosciuto a livello mondiale.

Talking Heads (foto dal web)

I Talking Heads sono musica pop, punk, new wave, funk. Magari tutte queste cose. Tante cose. Così tante da influenzare registi, cantanti, artisti. 

Dal loro singolo Radio Head (inserito nell’album True Stories) deriva il nome dell’omonimo gruppo, i Radiohead, colonna portante del panorama rock contemporaneo. 

Hey, radio head
The sound of a brand-new world

Il loro quinto album, Speaking in Tongues, pubblicato nel 1983, ha invece in copertina un’opera di Rauschenberg.

Si tratta di tre diversi collage di immagini, ognuno dei quali stampato su un disco dal colore primario, inseriti poi in una scatola di plastica trasparente.

Talking Heads – Speaking in Tongues
(foto dal web)

Le immagini dei collage sono quelle tipicamente utilizzate da Rauschenberg nelle sue opere: reportage del mondo contemporaneo, fatto di annunci e ritagli di giornale. 

La prima traccia dell’album è Burning Down the House.

I’m an ordinary guy
Burning down the house

A chiusura del disco compare, invece, This Must Be The Place (Naive Melody), brano che verrà poi riutilizzato in ambito cinematografico da diversi registi.

I love the passing of time
Never for money, always for love.

Se Oliver Stone inserisce la canzone nella colonna sonora di Wall Street, è con il nostro Paolo Sorrentino che il brano arriva a suggerire la realizzazione di un film.

This Must Be The Place, con i suoi sei David di Donatello, è in effetti, anche il titolo di una delle pellicole più celebri del regista italiano.

Paolo Sorrentino – This Must Be The Place
(foto dal web)

Se il richiamo evidente al titolo non dovesse bastare, sarà Sorrentino in persona, ricevendo l’Oscar per La grande bellezza qualche anno dopo, a citare tra le sue fonti di ispirazioni i Talking Heads, insieme a Fellini e Maradona.

Diego Armando Maradona
(foto dal web)

Thank you to my sources of inspiration: Federico Fellini, Talking Head, Martin Scorsese and Diego Armando Maradona.

Dichiara Sorrentino.

And thank you to Roma and to Napoli.

Laura Bartolini