Tutte le grandi personalità della storia, prima o poi, intraprendono una lenta discesa dopo essere stati all’apice della popolarità mondiale. Una curva decrescente che, una volta esaurito il “mandato di stupire“, torna a risalire verso l’alto terminando la sua scalata nel mito. Perché Diego Armando Maradona, il calciatore più forte della storia del calcio insieme al rivale Pelè, quando appese gli scarpini al chiodo, oltre a lasciare dietro di sé una tristezza generalizzata, aprì le porte della sua personalissima leggenda. Tutti gli appassionati di calcio sono abituati ad ammirare il fenomeno argentino attraverso le sue poetiche giocate all’interno del rettangolo verde di gioco mentre vestiva le maglie di Boca Juniors, Barcellona e Napoli: un periodo magico che consacrò il controverso atleta ponendolo, di diritto, trono dell’Olimpo del mondo calcistico. Ma cosa accadde quando il numero dieci per eccellenza disputò le ultime stagioni di una carriera irripetibile? Per i suoi 60 anni, racconteremo la fine della leggendaria epopea dello sportivo che conquistò, sul campo, le fattezze di un “Dio“.
Il declino di Maradona: dopo le magie di Napoli, il ritorno in Argentina
Le luci dei riflettori accesi sulla sua figura, le prime pagine dei quotidiani mondiali con il suo volto, murales, folle innamorate e boati ad ogni tocco di palla. Il mondo calcistico, certamente, si è prostrato ai piedi di Diego Armando Maradona, giustamente, per tantissimi anni. Un’egemonia guadagnata all’interno del rettangolo verde di gioco grazie alle sue prestazioni conturbanti. Dopo le pazzesche annate passate vestendo le casacche di Boca Juniors (1981/82), Barcellona (1982/84) e Napoli (1984/91), “Il Pibe de Oro” intraprese una lenta, ma tangibile, discesa fino all’anno del suo ritiro, nel 1997. Tutto ebbe inizio con la sua positività, durante un controllo dopo la partita Napoli-Bari, alla cocaina nel 1991.
A fine squalificata (1992), Diego Armando Maradona terminò la sua gloriosa epopea all’ombra del Vesuvio firmando un contratto con il Siviglia, compagine spagnola che disputava il massimo campionato iberico. Il suo ritorno nella nazione che lo consacrò al calcio europeo, però, non fu troppo esaltante: in un anno, il fenomeno argentino scese in campo 26 volte segnando 5 reti e servendo 12 assist. Un bottino fin troppo “normale” per il “Dio del calcio“. In quell’anno, però, tornò in Nazionale vincendo il torneo amichevole “Trofeo Artemio Franchi” battendo la Danimarca in finale. Dopo un solo anno in terra andalusa, il sudamericano tornò in patria vestendo la maglia del Newell’s Old Boys; la sua esperienza con i rossoneri è da dimenticare: 5 presenze e zero reti. Arrivato il 31 ottobre, Maradona sciolse il suo contratto con il club argentino il 12 febbraio ritirandosi per alcuni mesi dalle competizioni in attesa del Mondiale di USA ’94. La rassegna iridata sferrò l’ennesima mazzata al campione: dopo l’esordio con goal contro la Grecia e la vittoria 2-1 sulla Nigeria, fu trovato positivo all’efedrina, sostanza vietata dalla FIFA. Il Mondiale statunitense, per lui, terminò in un vespaio di polemiche.
Il ritiro e la leggenda
Dal 1995 al 1997 (anno del suo ritiro), Diego Armando Maradona tornò nella culla della “Bombonera“. Il Boca Juniors, club nel quale era salito alla ribalta delle cronache calcistiche, decise di metterlo sotto contratto: nel biennio che segnò la sua seconda relazione con la maglia degli “Xeneizes” mise insieme 30 presenze e 7 reti. Un’operazione poco redditizia a livello sportivo ma enormemente importante sotto il profilo mediatico. Terminò sotto gli scroscianti applausi del suo popolo la carriera del calciatore (insieme a Pelè, il dubbio non è mai stato sciolto) più forte della storia del football. Oggi Diego Armando Maradona compie 60 anni: ogni leggenda scaturisce sempre da un uomo. Seppur straordinario. E tra le scintillanti vittorie, è giusto anche ricordare i passaggi a vuoto che contribuiscono, comunque, a raccontare le vicende di un’icona assoluta che ha scritto il proprio nome sulle tavole dell’immortalità.
ANDREA MARI
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