Marco Rizzo: “Uscire dall’UE, uscire dall’Euro e cambiare il modello di sistema. Ai lavoratori la gestione dell’Italia che verrà”

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Di Redazione Metropolitan

Da settimane ormai si parla della pandemia globale. Tante le domande che milioni di italiani si fanno, che riguardano soprattutto il futuro. Nonostante gli anni siano passati i temi sono ancora molto attuali e le problematiche di allora sono anche peggiorate

L’intervista a Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista

Per avere una migliore visione di quello che succede intorno a noi bisogna prendere in considerazione quello che è successo, in tempi non sospetti, rispetto a questi famosi aiuti dell’Europa. L’unico Paese messo in una condizione di stress è stato la Grecia. L’Italia deve per forza fare questa fine?

“Ad Atene tanti negozi sono chiusi, 3milioni di persone su 11 milioni di popolazione sono prive di assistenza sanitaria. Sanità, trasporti, istruzione: tutto compromesso, una botta terribile. Ci sono processi di crisi ben più grandi e in atto da tempo in Italia: la difficoltà per il lavoro dipendente, la precarizzazione del lavoro, il processo enorme di proletarizzazione del ceto medio, commercianti, artigiani, piccole imprese, professionisti. Tutto questo va a beneficio di grandi multinazionali che imperversano”.

In una settimana siamo passati da ” il coronavirus è una normale influenza ” al “non uscite da casa”: errore di valutazione, incapacità di previsione o imprevedibilità del virus…come giudica l’operato del governo?

Questa classe dirigente di governo non si è dimostrata capace di gestire l’emergenza. Prima ha sparato alto e poi ha abbassato la guardia. Abbiamo un Presidente del Consiglio che credo non sappia cosa fa. Va bene per una stagione di un tipo, per una stagione di un altro tipo non è particolarmente affabile. Ma uno che pensa di fare decreti parlando su Facebook? La piattaforma social americana non paga tasse in Italia, solo questo la dice tutta. Il metodo conta anche, non solo il merito”.

Sembriamo essere arrivati ad un punto decisivo: rimanere coinvolti nella comunità europea o tirarcene fuori in qualche modo. Conte parla di “European Recovery Bond” ma ancora nessuna certezza. Arrenderci all’Europa o cercare soluzioni?

Qualunque cosa noi facciamo nei confronti dell’Europa subiamo un’operazione di strozzinaggio. Due sono le vie: il MES, ma sono soldi cari che dovremo restituire in un solo modo, azzerando lo stato sociale del nostro Paese, cioè pensioni e sanità; l’altra via è – quella che pare la più interessante agli occhi di Conte – un rapporto diretto con la BCE. Eurobond o coronabond sono sempre soldi a “strozzo”. Forse si possono restituire in un lasso di tempo un po’ più lungo ma chi ha in mano la BCE, ovvero i grandi gruppi economici-finanziari, ha in mano l’Italia. La sanità pubblica abbiamo visto a quanto serve, soprattutto in queste condizioni, e a come è stata ridotta; le pensioni sono sopravvivenza per metà della popolazione ma anche per il resto, perché molti giovani si fanno forti del welfare familiare dovuto alla pensione della mamma, del papà o del nonno”.

Per portare avanti la nostra economia, quale deve essere l’intervento dell’Italia in Europa?

Unica soluzione è strappare con l’Unione europea. Se esce l’Italia salta tutta la gabbia e non è vero che se usciamo siamo rovinati. L’Italia rimane la seconda manifattura europea, è chiaro che se salta il meccanismo europeo salta l’intera costruzione europea. Noi siamo in grado con la scienza e l’innovazione di cambiare il modello di sistema. Non basta solo uscire dall’EU, bisogna anche fare altre due cose: chiudere con il gendarme militare NATO, che ci costa 20 miliardi di euro l’anno. A tal proposito, il premier Conte ha parlato con il segretario generale della NATO Stoltenberg, circa due mesi fa e avrebbe addirittura accettato un aumento di altri 7.5 miliardi di euro. Spese improduttive; bisogna recuperare e far rientrare i nostri soldati dall’estero che sono in missione di guerra e non di pace. Abbiamo un numero di unità in Iraq pari a 1200, non abbiamo bisogno di 100 soldati russi ad aiutarci. L’esercito italiano dovrebbe rientrare in Patria a fare quello che i cittadini chiedono: proteggere il nostro Paese e non andare a fare la guerra per altri”.

C’è la speranza di un’Italia oltre l’Europa, gli italiani ce lo chiedono. Ci sarà più amore per la nostra amata Italia?

Uscire dall’UE, uscire dall’Euro, uscire dalla NATO, cambiare il modello di sistema. Possiamo produrre in tempi di lavoro molto più ristretti grazie all’innovazione tecnologia, serve una nazionalizzazione dei grandi gruppi economici, le grandi infrastrutture, autostrade, trasporti, la sanità, istruzione. Deve tornare tutto nella mano pubblica dello Stato insieme a questo bisogna darne la gestione in mano ai lavoratori, cioè a chi produce davvero la ricchezza, di questa Italia che verrà. Dobbiamo far sì che i lavoratori possano decidere cosa produrre, quanto produrre, dove produrre e come produrre, producendo in Italia proprio dove ci sono punti di crisi economiche, non all’estero. Si può lavorare tutti, lavorare meno e vivere meglio”.

Come venire fuori dall’emergenza sanitaria in corso? Si intravede una luce in fondo al tunnel?

“L’Italia ha la necessità di un piano straordinario sulla sanità pubblica e sul territorio. Si può battere moneta ma serve prima un piano di manutenzione del territorio. Se la gente lavora, l’economia gira e si riesce a risanare tutto. Più sicurezza, più lavoro, per evitare morti e danni ingenti climatici in un territorio come l’Italia. Una società, come quella che attualmente è la nostra, basata sul profitto, non funziona. Lo abbiamo constatato in caso di emergenza. La superiorità di un modello collettivo socialista è evidente davanti a tutti. Sta iniziando, purtroppo, una crisi economica drammatica. Se non capiamo che l’uscita deve unire in parallelo con la costruzione di un altro modello di sistema, allora non funzionerà. Le regole del profilo capitalista ci rendono succubi dei loro meccanismi.”

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