Non è stato certo un anno semplice da gestire per Matteo Berrettini, incappato in un lungo periodo di risultati negativi che sono migliorati soltanto in queste ultime uscite ufficiali nel mondo della racchetta internazionale. Un blackout che ha portato l’azzurro a sprofondare nel Ranking ATP di tennis: la missione, dopo essersi finalmente ritrovato, è risalire la china attaccando le posizioni alte.
Matteo Berrettini: “Il tennis è uno specchio impietoso…”
“Il tennis è uno specchio impietoso – sottolinea ad esempio in un passaggio Matteo Berrettini durante l’intervista rilasciata a Walter Veltroni su Il Corriere della Sera – ti guarda dentro. E ho capito una cosa fondamentale: per eccellere, in questo sport, devi in primo luogo riconoscerti. Perché il tennis? Volevo essere ragione del destino di una gara, caricarmi sulle spalle interamente il peso di una vittoria o di una sconfitta. Questo mi serviva soprattutto a conoscere me stesso. Io sul campo da tennis non ho segreti, conosco e riconosco ogni singola emozione, ogni gesto, ogni fragilità e ogni potenza. Nel tennis, nella solitudine di quello sport che pure è sotto gli occhi di tutti, mi sento come un entomologo di me stesso. Ogni gesto è pensato, vissuto e sofferto. Perché da ogni gesto dipende l’esito di ciò che fai. E tanto più è alto lo stress quanto più riesci a comprenderti. Nell’ultimo anno ho vissuto troppi strappi fisici e mentali: il mio corpo e la mia testa in alcuni momenti non erano allineati e chiedevo troppo all’uno o all’altro. Dal punto di vista clinico, ho avuto uno strappo dell’obliquo interno. Ho avuto un momento di buio psicologico? Sì, dovuto al fatto di non poter competere. La competizione mi rende vivo, anche quando sono esausto. Non poterlo fare mi ha fatto conoscere il buio e questo sembra non avere fine, sembra ti inghiotta: invece di stare fermo e rifiatare, ti scavi da solo un abisso. Sono stati momenti brutti, ma anche fondamentali per farmi ritrovare la gioia di ciò che ho iniziato da bambino e poi ho sempre fatto nella mia vita. Il buio mi ha dato spazio per ripensare alle origini e ritrovarmi. Ne sono uscito recuperando la purezza, l’allegria e l’incanto di una scelta che da ragazzo ho fatto pensando solo al fatto che era questo ciò che volevo per sentirmi bene. La mia vita era diventata una sequenza di ‘devo’: dovevo giocare certi tornei, vincere ed essere in un certo modo. So che il dovere esiste, ma è necessario che si coniughi con il piacere e la gioia di fare ciò che hai scelto“.
(Credit foto – Aeltc)
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