Mahmood ha vinto la 69esima edizione del Festival di Sanremo. Ha vinto Mahmood e ha vinto Soldi. Punto.
Ha vinto perché, come sottolinea Mauro Pagani, presidente della giuria d’onore del Festival, il pezzo del giovane cantautore è costruito bene. Ha vinto Mahmood perché il suo arrangiamento è moderno e attuale.
Nell’intervista rilasciata a Rolling Stone, Pagani, oltre a ribadire le capacità tecniche del cantante, manifesta il proprio disappunto, nonché stupore, per le recenti polemiche scatenatesi in seguito alla proclamazione del vincitore.
Rivediamo le tappe degli eventi che hanno costruito il dibattito. Ultimo si indigna. Si era oramai auto-proclamato vincitore, quando vede la vittoria scappare via. Dal crollo delle illusioni emerge un’esortazione filantropica così forte da spingerlo a scusarsi con i suoi fans, che hanno inutilmente speso soldi per votarlo. Addirittura, mette in discussione la legittimità dell’intero sistema di votazione.
Ma va bene, sapere accettare le sconfitte dopotutto è segno di maturità. Tanto più che, come sostiene Umberto Eco, i nuovi social network hanno dato diritto di parola a tutti. In quest’ottica, possiamo forse perdonare il video polemico di un ragazzino che non sa accettare il valore e la dignità di un fallimento.
Dopotutto, è difficile stare al mondo quando perdi l’orgoglio.
Non è difendibile, ma può ancora essere tollerabile. Quello che invece non è ammissibile è come lo stesso tono di polemica viene utilizzato dal Ministro dell’Interno, che sperava nella vittoria di Ultimo.
A dover ribadire l’italianità di Mahmood vengono i brividi.
“Non c’è più vergogna. Vedere così tanta ignoranza e ostilità nei confronti di un ragazzo italiano […] è una cosa d’altri tempi, offensiva per questa nazione. Ogni volta constatarlo mi fa rabbrividire, e mi riempie di sconforto per il domani dell’Italia e dei miei figli.” Afferma Mauro Pagani nell’intervista per il periodico.
E una volta assodato il livello di italianità del giovane concorrente verrebbe da chiedersi, e se questa percentuale fosse stata più bassa? Sarebbe stato un ulteriore problema?
Ma il VERO problema è che si è parlato fin troppo del cantante e troppo poco della canzone.
Sostiene ancora Pagani: “questo è il Festival della Canzone Italiana, non sono in gara i cantanti. Non è una manifestazione di stima nei confronti degli artisti, una specie di premio alla carriera. Eppure tutti parlano molto dei personaggi e meno delle canzoni.”
Ma si sa, ormai fare polemica vuole dire fare gossip. In assenza di reali motivi con cui attaccare il giovane vincitore, sembra una soluzione efficace quella di rivolgere critiche dal carattere esclusivamente personale. “Ma quindi, il padre è egiziano?” argomento del tutto privo di collegamenti rispetto alle doti musicali del cantante (ovvero, ciò di cui si dovrebbe discutere), eppure tanto utilizzato dai nostri vertici.
Sforzo in comune di Ultimo, Salvini, Di Maio e la Rai è stato quello di deligittimizzare il valore della giuria d’onore del Festival, sostenendo come il televoto dovrebbe avere impatto maggiore sulla scelta dei vincitori.
Tuttavia, come ancora ricorda Mauro Pagani: “Sanremo ha un regolamento pubblicato mesi prima che dice da casa potete votare al costo di 51 centesimi, il vostro voto vale il 50%, mentre quello della sala stampa il 30 e la giuria d’onore il 20”.
PUBBLICATO MESI PRIMA. Momento nel quale, eventualmente, sarebbe accettabile protestare in merito alle modalità di svolgimento.
E visto che, a quanto pare, se lasciamo ad ognuno la possibilità di dire la propria, quello che ne esce è solo una marea di ignoranza mista a cattiveria, cerchiamo almeno di ammirare il lavoro della giuria d’onore.
A prescindere dal nostro personale gusto in fatto di musica, gli esperti del mestiere, che compongono tale giuria d’onore, votando per Mahmood ci hanno visto lungo.
Il cantante è primo ovunque: da iTunes a Spotify, in Italia e all’estero. Soldi è uno dei pochi brani italiani con una posizione tanto alta nella classifica mondiale.
E le classifiche le fanno gli ascoltatori, non le giurie. Più democratico di così.
Laura Bartolini