Medicamina faciei femineae: il nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente, si propone di analizzare un breve trattato di Ovidio sulla cosmesi ed i consigli di bellezza che, il magister amoris, dava alle giovani fanciulle.
Medicamina faciei femineae, i cento versi sulla bellezza
Il libellum dei Medicamina faciei femineae è un piccolo trattato di Ovidio che si propone di analizzare la bellezza femminile e la cura della stessa, offrendo raffinati consigli. Il testo, tuttavia, giunge in epoca moderna frammentato: composto, infatti, da cento versi in distici elegiaci. I primi cinquanta versi introducono ad una sorta di prologo sul problema generale della cosmesi; gli altri cinquanta versi, invece, sono un concentrato di cinque specifiche ricette di bellezza per il volto. Il termine medicamina, per l’appunto, va a riferirsi ai prodotti di bellezza: trucchi, pomate, unzioni e preparati cosmetici. Un’arte che le fanciulle devono apprendere. Non solo, però, ricette e rimedi artigianali per preservare la beltà: Ovidio sottolinea anche una cultura raffinata e colta, propria di una civiltà dedita alla cura dell’eleganza. Il trattato sopracitato è anche, e soprattutto, un riflesso della società augustea del tempo.
Cosmesi in contrapposizione con il Mos Maiorum: l’Ovidio moderno
Un manuale dai toni frivoli che si contrappone al Mos Maiorum: gli usi e le tradizioni del tempo. Il pensiero di Ovidio sottintende una modernità che contrasta con le regole ufficiali del tempo. Nel mondo latino infatti, la contraffazione dei caratteri fisici personali, era vista negativamente: valorizzare le peculiarità fisiche ricorrendo a metodi esterni, il ricorso alla ”maschera”, etc. si imputavano, per lo più, al mondo orientale. Un’azione malvista, quindi, qualora fosse penetrata nelle tradizioni dell’Urbe, in quanto indicava corruzione delle stesse tradizioni.
Si ricorda, infatti, che il Mos Maiorum rappresentava la base della tradizione civile romana: la società latina si imperniava su consuetudini e costumi, fondamento dell’etica del mondo latino. La modernità di Ovidio sta in un pensiero fondamentale: il poeta considera necessaria la cosmesi in quanto strumento essenziale per le donne; dapprima come obbligo verso sé stesse, solo dopo per ammaliare papabili pretendenti. Farsi belle e star bene con sé stesse, quindi.
Medicamina faciei femineae: quando la cosmesi non è solo trucco e ornamenti
Ciprie, tinture per capelli, unguenti: rimedi di bellezza che spargono la loro diffusione sia fra le cortigiane che fra le classi nobiliari.
”O quanto è indulgente alle vostre grazie la Natura, poiché avete tanti modi per riparare le sue offese!”
Tuttavia, l’arte appartenente alla cosmesi, non è solo trucco e imbellettamento fisico: vi è inclusa l’Ars Ornatrix, ovvero, l’utilizzo di misture, creme, maschere di bellezza per la cura di viso e del corpo. Tali unguenti si ottenevano attraverso il miscuglio di prodotti naturali come erbe ed olii, ed avevano lo scopo di ridurre le rughe, illuminare la pelle, ma anche eliminare inestetismi dell’epidermide. Non solo, per cui, tingersi e truccarsi: la cosmesi era soprattutto una cura terapeutica e benevola della pelle, un curarsi che partiva dall’interno; Non solo un mascherare i difetti con strumenti che li celavano.