Benvenuti nell’universo narrativo di StoryLine. Tra qualche giorno sarà il centotrentasettesimo compleanno di Amedeo Modigliani che nacque il lontano 12 luglio 1884. Abbiamo deciso di dedicare il racconto di oggi al grande pittore italiano ispirandoci ad alcuni quadri ed aneddoti della sua vita.
La purezza arcaica del suo ultimo dipinto non faceva che ricordare a Giovanna la sua maledizione. Nonostante la sua giovane età il suo grande talento da pittrice l’avevano a suo dire condannata ad essere soprannominata Modigliani. Un nome affibbiatole dal patrigno che aveva deciso di far soldi sul suo dono accecato dalla sua avidità. Un marchio che l’aveva portata sul cornicione del suo palazzo come un ultimo disperato gesto per chiedere semplicemente di poter crescere in pace. Un fatto deciso dopo che una terribile tensione aveva spezzato il filo di ogni suo nervo.
Modigliani, il grande talento
Eppure tutto era cominciato come un gioco. Giovanna sembrò inizialmente divertirsi molto quando il patrigno cominciò a chiedere di mostrare qualche suo disegno agli amici. Era bello per lei sentirsi l’artista di famiglia ed essere riverita da tutti. Poi arrivò il giorno di una cena. Giovanna inizialmente non ci sarebbe voluta andare perchè intimidita dall’idea di mostrare i suoi piccoli quadri a gente sconosciuta. Fu poi convinta dal patrigno con l’idea di poter fare tutto a suo gusto. La paura però invece crebbe quando invece durante la festa le fu imposto un ritratto di una donna figlia di un facoltoso amico del patrigno.
Giovanna rivisse nuovamente quel giorno nonostante il brusio della folla che era accorsa sotto il palazzo a vedere la folle suicida. Poi un improvviso squillare del suo cellulare la riportò per un attimo alla realtà. Un messaggio del patrigno le fece ricordare perchè avesse messo la sua vita in bilico e come tutto fosse cominciato quella sera. Giovanna dipinse quel ritratto di donna e fu definitivamente paragonata Modigliani da un invitato e professore di storia dell’arte. Fu l’inizio di un incubo che le fece dimenticare di essere semplicemente una bambina. Da quel giorno infatti iniziò la sua carriera di prematura pittrice.
Non sei più una bambina
Giovanna si rese conto, mentre un vento freddo cominciava a sferzagli la faccia, di non aver più potuto essere una bambina. “Il tuo gioco ora è catturare la realtà e mostrarla alla gente”, le aveva detto un giorno il patrigno. Questo nuovo potere inizialmente l’era piaciuto ma poi aveva iniziato lentamente a soffocarla a non farla sentire più se stessa, una bimba di 10 anni. Da li frequenti crisi terminate sempre con un rimprovero del patrigno che le intimava di non smettere. Giovanna avrebbe voluto ritornare ai suoi giochi e i ai suoi amici e invece era costretta a partecipare a performance a pagamento che cominciò letteralmente a detestare.
La verità però è che non c’era arte senza libertà. Una sentenza che Giovanna aveva imparato sulla propria pelle dove era rimasta attaccata come un marchio. Un segno che neanche la madre aveva cancellato facendo troppo adulti pensieri sul bene della famiglia. Giovanna si era ritrovata ad una scelta drammatica dopo l’ultima insopportabile richiesta di dipingere un quadro autobiografico. Aveva deciso di dipingere se stessa ma più tracciava le linee di quel dipinto azzurro più veniva alla luce una piccola mente sull’orlo del baratro. Per questo era uscita da una finestra e si era messa a fissare il vuoto alla ricerca di una vita smarrita.
Epilogo
Giovanna si era ormai convinta di compie l’insano e terribile gesto cercando di muovere improvvisamente uno dei piedini fissati sul cornicione. Era diventata sorda persino ai richiami della polizia accorsa sul posto quando un rumore inaspettato le aprì improvvisamente le orecchie. Il suo patrigno aveva gettato improvvisamente il suo ultimo quadro nel vuoto distruggendolo. “Sono loro che devono morire e non tu”, le disse poco dopo tra le lacrime. Giovanna capi che in quel momento il suo carceriere le aveva spezzato le catene e tornò indietro nella finestra dove era uscita. In seguito ci fu un grande abbraccio e la promessa che d’ora in poi avrebbe fatto quello che desiderava di più: crescere come una bambina normale.
Stefano Delle Cave