“Ma ‘ndo vai Monica“, verrebbe da dire parafrasando il ritornello di “Polvere di stelle“. Ci ha lasciato oggi, nel silenzio che negli ultimi la proteggeva. Nessuna intervista. Di lei si sa, quello che si vede nei suoi film. Monica Vitti, resta l’eterna ragazza del cinema: 90 anni li aveva compiuti, ma nessuna ruga a cambiarle fisionomia. La sua voce, vinceva su tutte; quasi roca, dal tono che la rendeva riconoscibile ancor prima di vederla. Con quell’inflessione, capace di esprimere tormento quanto sincerità.
Musa di Michelangelo Antonioni e della sua incomunicabilità. Legata al regista anche sentimentalmente, lavorò nei suoi film “L’avventura“, “La notte“, “L’eclisse” con Alain Delon, e “Deserto rosso“. Film, quest’ultimo, girato in Sardegna. Dove, tra mirto odoroso, di selvaggia natura, i due visionari Vitti e Antonioni, fecero costruire due case affiancate. Nei primi anni ’60, in una terra incontaminata, poco prima che l’Aga Khan arrivasse in Costa Smeralda. Un luogo dove discussioni e silenzi si consumavano lontano dai riflettori. Dove “la notte, l’eclisse e l’avventura” potevano proseguire all’infinito. Celebre e discussa, la battuta da copione di Monica: “mi fanno male i capelli“. Che, sembra così spontanea da appartenerle; lei che lasciava il suo riserbo solo in nome della comicità, che rendeva le angustie divertenti e recitava con un’ingenuità senza malizia.
La dolce Vitti
Amata perché non bella per forza, non esageratamente attaccata all’avvenenza. Ma capace, con inattesa bravura, ad interpretare ruoli comici. Come la parodia al femminile del personaggio di James Bond, per la regia di Joseph Losey in Modesty Blaise. Mario Monicelli fu l’altro importante Pigmalione della sua comicità: coprendo i suoi riccioli biondi di una parrucca nero corvino, e un accento siciliano per pronuncia, le scritturò il ruolo de “La ragazza con la pistola“.
Monica Vitti era tutta forza d’animo; dal suo aspetto quasi monacale bisognava saper cogliere la conturbante bellezza. Al fianco di Mastroianni in “Dramma della gelosia” di Scola, fu una fioraia che s’innamora perdutamente, per poi folgorarsi di un pizzaiolo. Recitò in “Tango della gelosia” di Steno, “Noi donne siam fatte così” di Dino Risi, e in “Amore mio aiutami” con la regia di Sordi e la colonna sonora, favolosa, di Piero Piccioni. Famosa la scena in cui Sordi perde la pazienza e si avventa contro la Vitti, che fu girata sulla spiaggia di Sabaudia, a Latina. A prendere le botte, fu la giovanissima comparsa Fiorella Mannoia. Che racconta: “Il massimo che poteva capitare era perdere l’equilibrio per una spinta. Però Monica era abbastanza fifona, aveva paura di guidare, di andare in moto, di cadere..”
Monica, ridere e piangere insieme
Angelo biondo, che sa recitare il dramma e la commedia, che ti parla d’amore e di dolore. Di lacerazioni struggenti strappando un sorriso. Un’impresa non facile, che autorizza, forse per la prima volta, a paragonare Monica Vitti ad Anna Magnani. Leone d’Oro alla carriera, a Venezia nel ’95. Per Monica il cinema era come “cercare di continuare a giocare, di riconquistare la vita tutti i giorni”. Un mestiere iniziato a 15 anni, e la passione nata ancor prima. Quando, durante la guerra, per distrarre i fratelli da quella tragedia, giocava con i burattini. Il suo talento affinato, poi, dall’Accademia d’Arte Drammatica. Per molti anni, abitò in zona Fleming a Roma. Un appartamento un piano sopra quello di Antonioni. A dividerli una botola. Che univa i due mondi comunicanti, con una scala a chiocciola. Un quartiere, forse, freddo e arido, che si scontrava con la sua vitalità. Lasciò quella abitazione, dopo un devastante incendio, per andare a vivere con il regista Roberto Russo a piazza del Popolo.
Monica, sempre bionda, con occhi profondi. Non ha vinto chi voleva cambiarle il naso. Ma caparbia, ha rivendicato il proprio essere fuori ‘canone’, orgogliosamente portato sulla scena. Qualche volta un po’ truccata, con la sua miopia dichiarata. Gli occhiali fieramente esibiti, ormai parte del suo volto, che la rendevano più umana, terrena. “Sono abituata a vivere con poco. Non guido la macchina, non amo i gioielli, porto un paio di scarpe sinché non cadono a pezzi, mi vesto così come viene“. Era l’amica di sempre con cui conversare senza imbarazzo, perché in ogni caso, ci sarà una risposta sincera; la spalla di Alberto Sordi, fidato confidente, come due anime che si sono sorrette l’un l’altra. Anche nella vita. Adesso, anche se tutto sembra avvolto nella solitudine, “nell’incomunicabilità” della morte, Monica Vitti, non sarà mai dimenticata dal pubblico. Marisa Luisa Ceciarelli, alla anagrafe, ci ha fatto sognare. E, per dirlo con una famosa battuta del suo film, “Quante lacrime, quanta felicità! Avete mai amato? Avete mai sofferto per amore? No? E allora che state a guarda’?“.
Vitti l’amore..
Quando il drappo rosso del sipario si apriva, a comparire erano un marinaio in canottiera a righe da bagnino, fiori al collo di benvenuto in stile hawaiano, e una bionda in tulle color fuoco. Erano Alberto Sordi e Monica Vitti nel 1973, in “Polvere di stelle“, diretto da lui stesso, nel numero da cabaret. Il siparietto del celeberrimo frutto divenuto un lasciapassare: “Ma ‘ndo vai se non ce l’hai?”. Oggi come allora si è fatta notte. Il teatro “Caracioni” ha spento le sue luci. Ma la compagnia è pronta a replicare. “Dea, stima e amore è l’unica ricchezza che te posso dà“: la dichiarazione di Mimmo Adami (Alberto Sordi) nel film, alla sua amata Dea Dani (Monica Vitti). Stima e amore ancora oggi, per lei, da qua giù. Che arrivano però a toccare le stelle.
Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema.