Neonato lasciato nella “ruota della vita” – Cos’è e perché viene usata? – Serve per “salvare” o per “annullare”?

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Di Redazione Metropolitan

E’ accaduto a Monopoli, in Puglia, nella provincia di Bari, dove un neonato è stato lasciato nella “ruota della vita” dell’ antico convento di San Francesco Di Paola. Ora, fortunatamente, è in buone condizioni ed è stato affidato al Tribunale dei minorenni. Ma perché oggi si abbandonano i bambini?

«La mamma del neonato ha preso sicuramente la decisione di affidarlo al Convento” dice padre Mikicustode del Convento.

Chiunque sia stato a lasciare il neonato nella ruota, infatti, ne conosceva bene le funzioni. Spingendo il bottone rosso della ruota, si attiva la segnalazione e così è accaduto.
Il segnale si è attivato e chiunque abbia pensato di abbandondonare il proprio bambino è scomparso, dileguatosi nel nulla.

Chi ha abbandonato il neonato?
Non si hanno notizie certe su chi siano i genitori o su chi sua stato ad abbandonare il piccolo, fatto sta che il bambino, di origini asiatiche, era ben vestito, avvolto in una copertina azzurra e in ottima salute. Partorito forse da 3 o 4 giorni era ben nutrito, con una medicazione del cordone ombelicale fatta in modo impeccabile, sicuramente opera di mani esperte.

“Ruota degli esposti”
(credits: wikimedia.org)

Cos’è la “ruota della vita”?
La ruota, che anticamente veniva chiamata “degli Esposti” era stata rimessa in funzione dai padri del convento dopo che circa un anno fa la piccola Chiaraluna, una neonata abbandonata dalla mamma subito dopo il parto, era stata trovata morta in riva al mare, su una spiaggia di Monopoli.
Anticamente era una bussola girevole di forma cilindrica, solitamente costruita in legno, divisa in due parti chiuse da uno sportello. Una parte è verso l’interno, l’altra verso l’esterno e combaciando con un’apertura su un muro, permettevano di collocare (senza essere visti dall’interno) gli “esposti” ovvero gli abbandonati…
La ruota veniva fatta girare e la parte con il neonato  veniva immessa nell’interno, dove il neonato poteva essere preso e accudito, sfuggendo all’abbandono o alla morte.

Molto spesso, vicino la ruota, vi era un campanello ed anche, a volte, una feritoia nel muro, simile ad una buca per le lettere, dove mettere offerte per sostenere le cure del neonato. Inoltre, per un successivo (ed eventuale) riconoscimento da parte di chi aveva abbandonato gli “esposti”, per legittimarne l’appartenenza, venivano inseriti nella ruota, monili, documenti di riconoscimento.
La prima “ruota” compare in Francia, nell’ospedale dei Canonici di Marsiglia nel 1188 e poco dopo ad Aix-en-Provence e a Tolone. In Italia, secondo la tradizione, Papa Innocenzo III, turbato da ricorrenti sogni in cui gli apparivano cadaveri di neonati ripescati dalle reti nel Tevere, istituì una “ruota” nel 1198 nell‘ospedale di Santo Spirito in Sassia.
Nel corso del XIX secolo a causa dell’aumento demografico , si cominciò a mettere in discussione la validità dell’istituzione della ruota, che riversava sulle casse dello Stato, il sostentamento di bambini, nati da famiglie troppo povere e numerose.

Reintroduzione delle ruote, dove?
In alcuni paesi non è legale per le madri partorire in modo anonimo in un ospedale e la “ruota” è stato l’unico modo possibile per lasciare in modo sicuro e segreto il loro bambino per essere curato da altri.
La reintroduzione delle ruote è avvenuta dal 1952 e dal 2000 in molti paesi, in particolare in Germania, dove ci sono circa 100 sportelli, e in Pakistan, dove sino ad oggi ve ne sono oltre 300. In Sudafrica la prima ruota è stata installata nel luglio 1999 presso la Door of Hope Children’s Mission (Hole in the Wall), in una piccola chiesa della missione in Berea a Johannesburg.

 

Perché oggi, si abbandonano i bambini?

Lo scopo è salvarli oppure scrollarsi di dosso ogni responsabilità?. Si tratta di generosità, buon cuore o totale annullamento della persona, dell’essere umano?
Perche mettere al mondo bambini se già si sà in partenza che non si ha la possibilità o la volontà di occuparsene, di amarli?
Non è meglio un aborto all’abbandono?
Se si ha la convinzione che donare un neonato ad un convento equivalga a salvarlo, donandogli una “vita migliore”, probabilmente si sbaglia di grosso.

Quale calore può dare un luogo costruito in pietra, abitato da uomini che fanno della castità e devozione a un essere “immenso” e “spirituale” quale Dio, ad un bambino di pochi giorni, che non necessita solo di cure fisiche e materiali, ma di calore e dell’amore, dell’allattamento al seno e dell’affettività che solo una madre e un padre (sani di mente) sanno dare.

Abbandonando un neonato, si annulla la sua persona, la sua identità di essere umano, un po come chi dimentica i bambini in macchina…
E si affida un alibi alla propria anaffettività, in questo caso l’alibi è rappresentato dalla “ruota” del Convento.

Quello di cui possiamo essere certi, però, è che per fortuna in questo modo, la vita del neonato è preservata.
E si spera che, un giorno, possa venir affidato a persone migliori, che sappiano dargli tutto l’amore di cui ha bisogno per crescere in modo sano lontano dall’idea che qulcuno voleva distruggerlo o “annullarlo” alla nascita.

Martina Onorati