Il centralino del Quirinetta alle 18 di ieri avvertiva che gli ultimi biglietti si sarebbero potuti comprare direttamente al botteghino del teatro, a partire dalle 20:30. Gli ultimi 50. L’evento infatti era sold out sul sito, e alle 20 una cinquantina di persone stazionava fuori dal teatro, in fila, mentre i buttafuori avvertivano che i biglietti disponibili erano diventati 30. Una signora di mezz’età protesta, dice che al telefono poche ore prima le avevano detto che i biglietti erano 50, conta le persone in fila, dice “tenete duro”, alza la voce, ed ecco che i biglietti disponibili tornato a essere 50.
Queste erano le 20. Ma il concerto inizia alle 23 (com’era stato regolarmente comunicato sul sito). Anche la ragazza in biglietteria me lo conferma aggiungendo: “Speriamo.”
Alle 23 e un quarto, forse 23:30, Morgan sale sul palco. Una sciura, che aveva provato invano a farsi rimborsare il biglietto vista l’attesa neanche troppo prolungata, grida: “Stronzo!”, come fosse davanti a X-Factor, a casa sua, e non in un teatro, tra la gente, davanti a persone in carne ed ossa.
Morgan sotto a un cappello a falda larga si attacca al microfono e introduce la performance che porta il titolo Morgan plays Bowie. Dice che non vuole fare cover in senso convenzionale, vuole proporre l’influenza che Bowie ha avuto su di lui. Dice anche altre cose, ma io non le capisco. Mi guardo intorno, e mi pare che neanche gli altri le capiscano senza farsene un cruccio. La sala del Quirinetta è gremita, il pubblico è eterogeneo.
Sul palco accanto a Morgan c’è un musicista polistrumentista che lo accompagna spesso nei live. Morgan brinda con lui, poi prende il basso per poi lanciarlo al tecnico, si toglie il cappello, lascia il microfono e si siede alle tastiere, chiede la chitarra, riprende il microfono, chiede una sigaretta al pubblico, racconta una barzelletta di Sergio Endrigo cui protagonista è Pierino che deve pisciare, poi dice che ha conosciuto David Bowie ascoltando i Duran Duran e poi i Depeche Mode, calcia l’asta del microfono, sostiene che il suo computer sia morto, anzi defunto, si alza la camicia per mostrare il torace, parla al microfono col musicista ma non si capisce davvero nulla di quello che stia dicendo, si rimette il cappello. Morgan ha fatto questo, per due ore, e tra una cosa e l’altra ha suonato e cantato questi pezzi:
Jump they say – David Bowie
Fashion – David Bowie
Fame – David Bowie
Decadenza – Morgan
Altrove – Morgan
Non arrossire – Giorgio Gaber
Vola colomba – Nilla Pizzi
Un pezzo di Piero Ciampi
Un pezzo di Sergio Endrigo
Heroes – David Bowie
Life on Mars – David Bowie
Space Oddity – David Bowie
Altre forme di vita – David Bowie
Jealous guy – John Lennon
Another brick in the wall – Pink Floyd
Un pezzo dei Depeche Mode
Roma nun fa la stupida stasera – Armando Trovajoli
Porta Portese – Claudio Baglioni
Ci saranno errori e imprecisioni nella scaletta che ho tracciato, ma è quello che riesco a ricordare.
Non so dire cosa mi aspettassi di vedere. Certo sapevo che il pubblico avrebbe cantato Heroes con trasporto, ma non che una coppia si sarebbe messa a ballare Porta Portese come fossimo in una balera.
Nelle sale del Quirinetta c’era una mostra dedicata a Bowie, vendevano una biografia di Bowie persino, tutto faceva pensare a Bowie, e Bowie non c’era.
C’erano i collegamenti concettuali tra alcuni pezzi (vedi Forme di Vita che segue Space Oddity), c’erano giri di basso di Black Tie White Noise che hanno ispirato pezzi come Decadenza; forse Morgan non sapeva i testi delle canzoni, d’accordo, ma a che serve fare quelle inutili polemiche che ricordano quelle contro i calciatori che non sapevano le parole dell’inno d’Italia?
Morgan plays Bowie è un bel guazzabuglio di idee, ispirazioni del momento, improvvisazioni e deliri in cui a farne le spese sono stati soprattutto i pezzi di Morgan stesso. Risultano quelli più maltratti durante la performance, e si lascia il teatro con un senso di amarezza. Sull’asfalto bagnato di via del Corso mi domando: perché non ho ballato Fame, canticchiato Jealous guy, sorriso mentre Morgan faceva il pagliaccio e diceva “Brano braaano braaaaano braaaaaano”.
Mi dico che sarebbe stato bello vederlo interpretare davvero David Bowie, come recitava il nome dell’evento, sarà perché a un certo punto Morgan si è messo alle tastiere a cantare Vola colomba e l’intimità di quei cinque minuti è stata così struggente che si va a casa con un senso di spreco insopportabile.