Ieri, alla presenza di Ezpeleta e dello stato maggiore della MotoGP, la famiglia della leggenda spagnola Ángel Nieto ha visto accostare il nome del grande pilota al circuito di Jerez de la Frontera, che da questa edizione cambia denominazione. Un centauro comunque vivo nel ricordo del motorsport, con le sue curiosità e statistiche.
Cambiano i piloti, passano le scuderie: ma alcuni miti non passano mai e spesso restano nell’onomastica del motorsport. Questo è successo allo storico tracciato di Jerez de la Frontera, che da ieri ha visto associato al nome della città omonima quello di una delle leggende del motomondiale. A partire all’edizione di quest’anno la pista si chiamerà Circuito de Jerez – Ángel Nieto, in ricordo del 13 volte campione del mondo. All’ingresso numero 2 del tracciato è stato anche posizionato un busto del defunto pilota, opera di Agustin Astudillo.
Nato a Zamora, città capoluogo dell’omonima provincia, il 25 gennaio del 1947, Ángel Nieto Roldán ha avuto una passione non proprio precocissima per le due ruote. Poco dopo, questa passione lo portò a trasferirsi a Barcellona, a lavorare nella casa motociclistica Derbi, nata nel 1922 come negozio di biciclette e entrata nel gruppo Piaggio nel 2001. Nel ramo racing, questa casa ha annoverato come pilota anche Marc Marquez, che ha trionfato a soli 17 anni nella classe 125 in sella a una Derbi RSA.
Il resto, quello che lo spagnolo fece nel motomondiale, sono numeri e storia. Anzi, è mito: secondo pilota per numeri di mondiali vinti (13) dopo l’indimenticato Giacomo Agostini; è il terzo, nella classifica di tutti i tempi, per il numero di vittorie dei Gran Premi (90), medaglia di bronzo dietro ad un duo tutto nostrano, formato dal già citato Agostini e da Valentino Rossi; infine è quinto per il numero di piazzamenti a podio ottenuti (139), ma nella top 10 c’è il numero 93 che incalza a trentasette lunghezze di distanza e che, in meno di 3 stagioni, potrebbe superarlo.
Una leggenda del genere, con questi numeri da capogiro, è normale che sia circondata di curiosità, di riti, di stranezze. Una di queste vuole che Nieto, molto superstizioso, a chi gli chiedeva quanti mondiali aveva vinto in carriera, non rispondesse mai col numero 13, ma con l’addizione “12+1”. Prende spunto da questo aneddoto il film sulla vita del pilota spagnolo del regista Álvaro Fernández Armero: uscita nel 2005, la pellicola ripercorre la carriera del centauro, dagli inizi con la Derbi fino ad arrivare alle corse con la Garelli e al ritiro.
Un’altra curiosità relativa a Nieto prende le mosse da una sua caratteristica alla guida: il meccanico Franco Dionigi ha raccontato che, per evitare continui grippaggi del motore, il quale veniva sollecitato sempre al massimo dei giri dal pilota spagnolo, la Derbi decise di piegare la lancetta del contagiri per spingerlo a cambiare marcia in anticipo. Questo dato è facilmente verificabile se si leggono i numeri; lo spagnolo è al 3° posto nella classifica all-time per giri veloci realizzati in gara (81), a testimonianza di quanto fosse veloce e spingesse al massimo la sua moto.
La sua morte, avvenuta il 3 agosto 2017 dopo un’agonia di una settimana per un incidente a bordo di un quad a Ibiza, ha scosso molto il motorsport. Il 6 agosto a Brno (10° prova del mondiale), il podio tutto spagnolo formato da Marquez, Pedrosa e Vinales, rivolse un pensiero al cielo per ricordare il leggendario pilota scomparso 3 giorni prima. Che ha lasciato sì un vuoto sulla terra, ma non nei cuori e nelle statistiche delle 2 ruote. E il nuovo nome del circuito di Jerez terrà vivo, per sempre, il suo ricordo.