La canzone scritta da David Byrne, This must be the place, oltre che prestare il titolo al film fa anche da colonna sonora alle avventure di Cheyenne (Sean Penn), ex rock-star che vive una vita apatica e ripetitiva nella lussuossima casa alla periferia di Dublino, insieme alla moglie Jane (Frances McDormand). Per quanti non avessero colto il significato del film, ecco a voi una recensione di This must be the place, o meglio: ‘This must be me and my father‘.

Alla ricerca del padre, alla ricerca di sé stessi

Sin da subito notiamo nel volto di Cheyenne, sotto gli strati di trucco, un’amarezza insolita e anomala, spiegabile solo con il senso di colpa di cui egli soffre: aver istigato il suicidio – attraverso l’ascolto dei testi delle sue canzoni – di due fan della band di cui era frontman.  Solo il viaggio negli Stati Uniti, alla ricerca dell’ufficiale nazista che anni prima ha umiliato suo padre, reduce di Auschwitz, fa maturare in Cheyenne una nuova consapevolezza, una nuova angolazione da cui guardare la vita. 

La metamorfosi ‘in ritardo’ di Cheyenne

Il viaggio, nella letteratura, è il tema simbolico per eccellenza della formazione. Alla scoperta di nuovi luoghi e nuovi scenari visivi, si aggiunge sempre la formazione individuale e personale che il protagonista deve affrontare, catarticamente, e trasformare sé stesso. La metamorfosi di Cheyenne è una metamorfosi ‘in ritardo’. Il carattere dell’ex rockstar, flemmatico e sonnacchioso, sembra aver infettato tutto il corpo fin dentro il midollo osseo, rallentandone la crescita e ritardando la fase adulta. Il personaggio di Sean Penn si presenta infatti con il corpo di un adulto, ma con lo spirito di un bambino. In un dialogo con la madre di Mary:

This must be the place PhotoCredit: dal web
This must be the place PhotoCredit: dal web

“Mi chiedevo come mai non ho mai avuto voglia di fumare” [Cheyenne]

“Non hai mai iniziato a fumare perché sei ancora un bambino. Solo i bambini non provano mai il desiderio di fumare” [madre del ragazzo morto]

 Ed è proprio sul desiderio che il film è incentrato, o meglio sulla volontà del desiderio, e sulla mancanza di esso, una mancanza che Cheyenne tenta di colmare ricorrendo all’espediente di un trucco aggressivo, stile dark gothic.L’unica fuga amichevole che si concede il protagonista è quella con Mary (Eve Hewson), adolescente che riconosce in Cheyenne una figura da idolatrare e ammirare, e per la quale prova un affetto tenero e paterno. La stessa Mary, orfana di padre, identifica nell’ex rockstar una figura genitoriale in grado di colmare il vuoto della figura paterna.

Il vuoto esteriore è il vuoto interiore

Nel film troviamo alcuni riferimenti simbolici seminati da Sorrentino in vari punti della pellicola. Il vuoto interiore sofferto dal protagonista è intensificato anche dal vuoto esteriore in cu Cheyenne è immerso: una casa-museo in cui vive, con ampie stanze vuote prive di quello strato di arredamento familiare.

Piscina vuota PhotoCredit: dal web
Piscina vuota PhotoCredit: dal web

Vuota è la piscina nella quale non è mai stata messa dell’acqua, elemento naturale che racchiude un intrinseco vitalismo operante. Gli ambienti sembrano i prodotti di una simulazione scenografica, inconsistente e insignificante. In questo senso l’ex rock-star è perfettamente incastonata nella realtà circostante. Anch’egli maschera e simulazione di sé stesso. Ad aleggiare, su tutto, è lo spettro evanescente di una privazione: quella della figura paterna.

Inizia il viaggio di formazione in This must be the place

L’inaspettata notizia della morte improvvisa del padre è causa di un effetto perturbante nell’animo del protagonista. Un martello pneumatico del desiderio di scoperto dell’Altro, il padre, che l’ex rockstar comprende di non aver mai conosciuto appieno.  La possibilità di colmare il vuoto e la distanza costruita per anni tra lui e il padre, si concretizza con il proseguimento di una ricerca iniziata dal padre e mai portata a termine

This must be the place PhotoCredit: dal web
This must be the place PhotoCredit: dal web

Un passaggio di testimone necessario a riempire il vuoto dell’esistenza vissuta da Cheyenne. Durante il suo iter, geografico e interiore, il protaognista incontra molti personaggi, esponenti macchiettistici di uno stereotipo americano cinematografico. Piano piano la flemmatica rock-star comincia ad acquisire un vitalismo che sembrava addormentato e dimenticato. Ritorna, di nuovo, il tema dell’acqua, come elemento salvifico: non è un caso che Cheyenne faccia installare una piscina ricolma d’acqua sulla collina adiacente alla casa di Rachel (nipote dell’oppressore del padre) per il figlio Thomas.

This must be place: l’inferno è ghiacciato, non arde

Il pick up del nostro moderno Ulisse approda in una distesa ghiacciata. Sembra essere arrivato nel girone più tetro dell’Inferno. Il sospiro del male, come il sospiro di Lucifero è ghiacciato e cristallizza qualsiasi cosa si trovi di fronte. Cheyenne stesso, esita prima di entrare nella roulotte dove si nasconde Aloise Lange. L’ex ufficiale nazista, ormai novantenne, non ha più i connotati ctoni di un esecutore del male assoluto. Cheyenne preferisce ripagare con la stessa moneta: umiliando l’ufficiale Lange, e facendolo uscire nudo, sulla neve.

This must be the place Aloise Lange PhotCredit : dal web
This must be the place Aloise Lange PhotCredit : dal web

 La macchina da presa segue i movimenti affaticati e sofferenti dell’anziano, mettendo a fuoco tutte le pieghe della pelle, tutte l espressioni, le ferite della pelle che si lacera per il freddo. La vendetta si è consumata. Una vendetta amara, ma dolce allo stesso tempo, è una vendetta che ha il sapore di una ricerca, di una scoperta, di una consapevolezza. Cheyenne può, dunque, tornare a casa, cambiato. Un cambiamento che si avverte non solo a livello interiore, ma anche esteriore: non c’è più trucco sul suo volto, non c’è più nessun indumento in pelle nel suo abbigliamento. Fuma. 

In This must be the place Sorrentino si è misurato con il rapporto filiale e parentale, che ha anche un riflesso autobiografico, della mancanza di una figura, o di entrambe le figure genitoriali, e dalle conseguenze che può provocarne la privazione.

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