Che l’NBA fosse uno dei migliori esempi sportivi del concetto di globalizzazione questo lo si sapeva. Basta guardare al mercato cinese o il coinvolgimento nel continente africano ed europeo. A partire dagli anni ’80 iniziò una grande migrazione di giocatori internazionali verso il continente americano, che dopo le Olimpiadi del ’92 del Dream Team divenne desiderio e meta da parte degli aspiranti cestisti di tutto il mondo. Considerando anche quelli naturalizzati e quelli nati in territorio extra-USA, i giocatori internazionali della storia dell’NBA sono stati complessivamente 544, provenienti da 79 paesi e cinque continenti diversi. Di questi giocatori, cinque sono diventati MVP; andiamo a vederli.

Giannis Antetokounmpo

Di Giannis Antetokounmpo si è parlato e riparlato, ma la cosa che più fa impressione, pensando a questo giocatore, è che ha ancora 25 anni e un potenziale ancora da scoprire. Sì, perché nonostante sia al suo settimo anno in NBA, il greco ha ancora dentro tante cose che finora ha solamente fatto intravedere. Noi in qualità di sbircioni, nonché appassionati di questo gioco, guardando attraverso quella fessurina abbiamo intravisto un mondo ancora tutto da scoprire. Il paradiso per chi gioca e giocherà con lui, l’inferno per chi lo dovrà affrontare. E se quel mondo dovesse concretizzarsi un giorno, nelle bacheche di Giannis i titoli di MVP potrebbero non essere pochi.

Intanto uno è già lì, guadagnato dopo una stagione pazzesca. 27.7 punti (con una percentuale effettiva al tiro di quasi il 60%), 12.5 rimbalzi, 5.9 assist, 1.5 stoppate e 1.3 palle rubate. Cifre impressionanti che tuttavia non sono sufficienti a descrivere la stagione del secondo MVP europeo della storia. Vero, Milwaukee ha interiorizzato un sistema che Budenholzer ha cucito perfettamente sui Bucks, vero, Middleton è un due volte All-Star che sta giocando una stagione leggendaria al tiro, ma parliamoci chiaro, tantissimo dei successi dei Bucks è passato e passa da Antetokounmpo, in attacco e in difesa. Dopotutto stiamo parlando di un giocatore tanto devastante quanto poetico nel suo gioco, uno dei pilastri più importanti della lega negli anni a venire, nonché un potenziale futuro Hall of Famer. Aspettando l’anello…

Giannis Antetokounmpo
Photo Credit: Gary A. Vasquez, USA TODAY Sports

Dirk Nowitzki

Chi invece sicuramente entrerà a far parte del Naismith Memorial Basketball Hall of è Dirk Nowitzki. L’ala grande tedesca è stato il primo giocatore europeo a vincere il titolo di MVP in NBA, a seguito della discussa stagione 2006/2007. Erano in molti, infatti, i tifosi che avrebbero voluto Kobe quell’anno MVP, in seguito a una grandissima stagione offensiva del Black Mamba, che chiuse quell’anno con 31.6 punti a partita, ma portando i suoi Lakers solamente fino al settimo posto in conference. Dirk, invece, segnò “solo” 24.6 punti a partita (conditi da 8.9 rimbalzi e 3.4 assist), ma condusse i suoi Mavs al miglior record della storia della franchigia, vincendo 67 partite su 82.

Inoltre Nowitzki fece registrare numeri pazzeschi al tiro, entrando a far parte di quella ristrettissima cerchia (solo altri tre ci sono riusciti) di giocatori capaci di segnare almeno 20 punti tirando con almeno il 50% dal campo, 40% da tre e 90% ai liberi. Quello che il sopracitato Middleton sta facendo questa stagione. Insomma, magari non la migliore stagione offensiva di sempre, ma la stagione di WunderDirk fu comunque straordinaria. Un’annata che però venne macchiata ai playoff, quando i Mavericks persero addirittura al primo turno contro i Warriors del Barone e Stephen Jackson. Il tedesco però, come sappiamo, riuscirà a prendersi la sua rivincita, quando nel 2011 strappò ai Miami Heat dei Big Three un titolo passato alla storia. Il riconoscimento definitivo per il cestista europeo più forte della storia del basket.

Nowitzki mvp
Photo Credit: Matt Slocum/AP

Steve Nash

Chi aveva trascorso ben 6 anni con Nowitzki fu Steve Nash, prima che passasse ai Phoenix Suns e desse una svolta alla sua carriera. In Arizona il canadese infatti trovò nella squadra dei sette secondi di Mike D’Antoni un sistema perfetto. Un sodalizio, quello tra i due, che non portò mai a un titolo ma quantomeno alla creazione di una delle squadre più spettacolari e divertenti da vedere nella storia del gioco. Al primo anno ai Suns Nash migliorò notevolmente i numeri ottenuti l’anno prima con Dallas, guidò la squadra al primo posto in Western Conference vincendo 62 partite e, per questo, vinse il suo primo titolo di MVP.

Il canadese divenne così il primo giocatore del Paese dell’acero rosso a diventare MVP, nonché terzo playmaker a ottenere tale riconoscimento nella storia dell’NBA (fino a quel punto) dopo Magic Johnson e Bob Cousy. L’anno dopo continua a regalare magie e far impazzire le difese avversarie, e mette in piedi un’altra grandissima stagione: 18.8 punti, 10.5 assist, 4.2 rimbalzi tirando col 51% dal campo, 44% da tre e 92% ai liberi. Per 1.2 punti non entra anche lui nel famoso club del 50-40-20 con almeno 20 punti segnati. Bastano però questi numeri e il secondo posto a ovest per vederlo trionfare per il secondo anno consecutivo nella corsa a miglior giocatore dell’anno. Nash non indosserà mai un anello, ma verrà comunque ricordato come uno dei geni che hanno avuto un enorme impatto nel gioco.

Steve Nash mvp nba
Photo Credit: Andrew D. Bernstein/Getty Images

Tim Duncan

Voi direte “che c’entra Duncan tra gli MVP non americani?”. Ebbene, la leggenda degli Spurs pur avendo cittadinanza americana, è nato a Saint Croix (nelle Isole Vergini americane, Paese dipendente dagli USA) e per questo considerato dalla lega come giocatore internazionale. Duncan dunque è il secondo non americano ad aver vinto il titolo di MVP e il primo a vincerlo back to back. Entrambi arrivano negli anni in cui esprime il suo miglior basket, soprattutto se si vanno a vedere i numeri. Nella stagione del primo MVP Duncan viaggia a 25.5 punti, 12.7 rimbalzi, 3.7 assist e 2.5 stoppate, e conducendo insieme all’Ammiraglio Robinson gli Spurs al secondo posto a ovest.

L’anno successivo è ancora più straordinario; migliora le sue statistiche (23.5 punti, 12.9 rimbalzi, 3.9 assist e 2.9 stoppate) e San Antonio chiude in cima alla Western Conference con 60 vittorie. Quell’anno i texani si aggiudicheranno poi il secondo titolo della loro storia e The Big Fundamental vinse anche l’MVP delle finali. La stagione dopo Duncan gioca ancora ad altissimi livelli, e arriva dietro Kevin Garnett nelle votazioni per l’MVP, mancando il record NBA di 3 titoli consecutivi (appartenuto a Bill Russell, Wilt Chamberlain e Larry Bird). Probabilmente l’ala grande più forte di sempre, forse il miglior giocatore degli anni 2000, sicuramente uno dei giocatori più iconici e vincenti della storia.

Tim Duncan mvp
Photo Credit: Andrew D. Bernstein/Getty Images

Hakeem Olajuwon

In questo viaggio a ritroso ritroviamo il primo giocatore non americano in NBA ad aver vinto il titolo di MVP. Anche qui la questione è un po’ controversa e somiglia a quella di Duncan. Olajuwon, infatti, ha sì la cittadinanza americana e ha giocato con la nazionale USA, ma è nato e cresciuto in Nigeria, venendo naturalizzato statunitense nel 1993. L’anno successivo vinse il suo primo titolo di MVP, grazie a una stagione dominante. Il centro di Lagos fece registrare medie pazzesche da entrambi i lati del campo: 27.3 punti, 11.9 rimbalzi, 3.6 assist e 3.7 stoppate. Ciò che rese leggendaria quella stagione per “The Dream” però non fu solo il fatto di essere diventato il primo MVP non nato in America, ma anche la contestuale vittoria del premio come difensore dell’anno, del campionato e dell’MVP delle finali NBA.

Ad oggi è l’unico giocatore ad aver mai raggiunto tutti questi traguardi nello stesso anno. Un record difficile da eguagliare, anche se un altro ragazzo di sangue nigeriano col numero 34 che si trova al punto opposto di quest’articolo potrebbe dire la sua quest’anno. Le potenzialità per raggiungere i risultati in carriera di Olajuwon le ha tutte, ma raggiungere il centro ex Rockets non sarà certo facile, nemmeno per uno come Giannis. 2 anelli, un MVP, 2 MVP delle Finals, 2 DPOY, 12 convocazioni all’All-Star Game e 6 inclusioni nell’All-NBA First Team, nonché uno dei giocatori più innovativi e immarcabili in NBA (vedasi alla voce “Dream Shake”).

Olajuwon
Photo Credit: Nba.com