Oltre un migliaio di uomini sono stati impegnati in un’operazione contro la ‘ndrangheta, che ha portato all’arresto di 116 persone.
L’operazione, denominata “Mandamento Jonico” dal nome delle suddivisioni tra clan del territorio, è stata coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dai carabinieri del Ros.
Nel corso delle indagini, la Dda ha squarciato la cappa che avvolgeva le attività della ‘ndrangheta, rivelandole in ogni dettaglio. Appalti pubblici, edilizia privata, elezioni, controllo di beni confiscati, questioni di “giustizia” tra clan attraverso i propri tribunali, fondi UE per l’agricoltura e finanche le punizioni per i fidanzati fedifraghi o ormai stanchi delle figlie dei vari boss.
Un controllo asfissiante del territorio, che aveva tutti gli aspetti di un vero e proprio stato parallelo rispetto a quello riconosciuto. “Lo stato, qua, sono io” diceva baldanzoso e fiero Rocco Morabito, potente boss della Locride.
Peccato per lui che stanotte lo Stato, quello vero, gli abbia inflitto un duro colpo. «Questa operazione è anche il risultato di oltre cinquanta procedimenti che sono stati rianalizzati, valorizzati e inquadrati in modo sinergico, permettendo di comprendere non solo le dinamiche di un singolo clan, ma il sistema in cui quel clan è inserito», così ha commentato l’operazione di stanotte il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros.
Ma il potere della ‘ndrangheta si vede non tanto dai numeri che emergono dalle operazioni condotte contro di essa, bensì dal consenso che riesce a generare nelle persone il mito dello ‘ndranghetista. «Vorrei mettermi a disposizione per voi e la vostra famiglia» è l’inizio di una lettera consegnata da un quindicenne alla figlia coetanea del boss Antonio Cataldo, intercettata dai carabinieri.
Per riprendere le parole del generale Governale, «non può esserci attestazione più diretta e genuina da cui evincere l’ammirazione di cui godeva il capo cosca Cataldo Antonio a Locri, come se il suo trascorso criminale fosse un esempio da emulare. Gli adolescenti locali lo considerano un modello a cui ispirarsi per conseguire rispetto e potere, percorrendo la strada dell’illegalità».
Più che in ogni altra cosa, il segreto per la sopravvivenza della ‘ndrangheta è tutto in quelle parole. Certo, non sono tutti così gli abitanti di questa regione.
Però, prima che inizino le polemiche in tal senso, sarebbe necessario che i cittadini iniziassero ad ostracizzare i criminali ed i loro fiancheggiatori. Dare un segnale che i cittadini onesti sono al fianco della parte migliore dello Stato, quella che cerca di far rispettare le regole e punire i crimini.
Ecco cosa servirebbe.
Lorenzo Spizzirri