Neptunalia le feste latine, celebrate il 23 Luglio, in onore del Dio Nettuno. Nello spazio ClassicaMente, dedicato alla letteratura classica, i cerimoniali in onore del dio romano delle acque, divinità corrispettiva al greco Poseidone.
Nettuno, il dio latino delle acque e i Neptunalia
Celebrazioni in onore di Nettuno, Dio delle acque e corrispettivo greco del Dio Poseidone, i Neptunalia si celebravano il 23 luglio, con l’arrivo dei giorni più caldi della stagione estiva. I giorni torridi erano preannunciati dall’apparizione della Costellazione del Cane e da Sirio; la sua stella più luminosa definita anche anche Canicula, piccolo cane.
Proprio da questo appellativo deriva il termine ”canicola” riferito a un periodo molto arso, rovente e caldo tipico del clima estivo. Nettuno-Poseidone, in mitologia greca, la sua figura ha l’egemonia sugli oceani e sulle onde; fratello di Zeus, sovrano del cielo, e di Ade, re degli inferi. La sua consorte è la ninfa nereide, Anfitrite, da cui genera quattro figli: Tritone, mezzo uomo e mezzo pesce; Roda, ninfa marina protettrice dell’isola di Rodi e consorte di Elios; Cimopolea, divinità minore delle tempeste marine e, infine, Bentesicima dea minore delle onde. Omero, l’antico poeta greco a cui sono attribuiti i poemi Iliade e Odissea, lo descrive nel suo Inno a Poseidone come:
“Scuotitore della terra e delle lande marine,
Dio dei profondi abissi
che è anche signore del Monte Elicone
e dell’ampia Aigaì
e domatore di cavalli e salvatore di navi“.
Differenze fra Poseidone greco e Nettuno italico
I Neptunalia si celebravano all’inizio della stagione invernale poiché, nei mesi di gelo, terminavano le mansioni lavorative dei marinai. Precedentemente all’assimilazione delle caratteristiche proprie del Poseidone greco, il Nettuno italico esercitava la sua egemonia solo sulle acque correnti; era quindi un Dio fluviale. Solo dopo il 399 a.C. interiorizza le caratteristiche attribuite alla divinità greca diventando il suo equivalente: divinità del mare e dei terremoti. Marco Tullio Cicerone nel De natura deorum, così lo descrive:
« …Il primo regno, cioè il dominio su tutto il mare, fu affidato a Nettuno che la tradizione vuole fratello di Giove ed il cui nome è un ampliamento del verbo nare (nuotare)… »
Malgrado i Neptunalia e l’accostamento a Poseidone, il dio Nettuno non era diventato molto popolare fra i romani come, invece, accadeva per Poseidone presso i greci. La ragione, probabilmente, è da imputare al fatto che i latini erano più legati all’elemento Terra che alle acque. Il simbolo del Dio era il tridente, mentre gli animali a lui sacri: il cavallo, creato da lui dalle onde del mare, il toro e il delfino.
Neptunalia e il Dio Nettuno, i giochi
I giochi organizzati per i Neptunalia, in onore di Nettuno, si svolgevano con il presidio di un pretore; erano finanziati grazie al ricavo di una vendita di pesci a cui partecipava il popolo. Tuttavia, gli introiti erano per lo più simbolici poiché la cerimonia era sovvenzionata dallo stesso Stato. Nel tempo le celebrazioni si espansero e assunsero una cospicua importanza, tanto da arriva a organizzare le corse dei cavalli nel Circo Massimo. Pare che i Neptunalia e le corse acquisirono importanza alla fine del I sec a.C, data immediatamente successiva alla vittoria di Azio e conseguente alla costruzione del portico di Nettuno a spese di Agrippa; gesto in onore della divinità per celebrare la propria gloria nelle battaglie.
Celebrazioni e feste delle Umbrae
Le celebrazioni dei Neptunalia si contraddistinguevano per la Festa delle Umbrae. Questo tipo di cerimoniale, si celebrava nel periodo più afoso e di massima siccità; si invocavano le acque dolci benevole e necessarie alla vita. Per riparasi dalla calura si era soliti costruire delle capanne sulla riva del Tevere utilizzando dei rami di alloro, pianta sacra ai romani. Questo rituale era un modo per immergersi nella stato primordiale della Natura attraverso un mondo arcaico e incontaminato. Tipico dei Neptunalia era il sacrificio di un toro nero; gesto legato a embrionali e antiche usanze. Questa appartenenza agli abissi e a rituali arcaici, si conferma anche attraverso il nome delle capanne, le Umbrae, un nitido riferimento al mondo dei morti.
Stella Grillo
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