“Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols”, il perno del punk

Sex Pistols
Never Mind The Bollocks

Era il 28 Ottobre del 1977 quando la Virgin Records pubblicò l’album di debutto di una band che di concetto di gruppo aveva ben poco, ma che era punk a 360°. I Sex Pistols con il loro “Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols” furono un terremoto nel panorama musicale dell’epoca.

I Sex Pistols. Foto:il Cibicida

L’album

Vinili, cassette e cd. Il nome dei Sex Pistols evidenziato a volte in verde, a volte in rosa ed altre volte ancora in bianco sulla copertina gialla o rosa. Scandalosa la scelta del nome della band, “Pistole Del Sesso” così come quella del titolo dell’album, dove la parola “bollocks”, che in inglese significa “testicoli” si presta ad un invito poco elegante. E poi canzoni come “God Save The Queen” o l’iconica “Anarchy In The UK” che si sono prestate a rendere il primo (ed unico) album della band controverso e pietra miliare di quello che è stato il punk.

La ribellione dei giovani all’ottusità e al perbenismo del pensiero comune, il rifiuto delle convenzioni sociali, la ricerca di un’alternativa a partire dal modo di vestirsi al modo di divertirsi, sperimentando droghe e mettendosi volutamente ai margini della socetà. “Non” è l’avverbio di negazione che diventa il concept del disco: non si può comprendere la scena punk inglese senza essersi imbattuti nel nichilismo e nello sbeffeggiamento di Never Mind The Bollocks.

I suoni sono crudi, non melodici, e diventeranno i suoni del punk per definizione; la tecnica oscillava tra lo scadente e l’inesistente, come se quegli strumenti fossero stati messi in mano ai membri della band per dargli uno sfogo che altrimenti avrebbero trovato con mezzi opachi, ma proprio quella mancanza di tecnica diviene il fulcro della rivoluzione del punk. Never Mind The Bollocks è fondamentale perché racchiude l’essenza del punk ma non proviene dall’immaginario collettivo che solo dopo diventa commerciale.

I Sex Pistols che suonavano e vivevano punk

La band fu forse un fuoco fatuo sulle scene musicali, ma seppero come lasciare un’impronta duratura e, per quei tempi, scandalosa, sia a livello musicale che socio-culturale. La forza dell’incisività dei Sex Pistols fu dettata dal fatto che i membri della band non si misero a fare punk con l’idea di fare innovazione a livello musicale, e anzi il gruppo ebbe un andamento scapestrato dall’inizio alla fine dei suoi giorni tanto da essere ricordato come “la grande truffa del rock and roll“. Ma Steve Jones, Paul Cook, Glen Matlock (a cui subentrò poi Sid Vicious) e Johnny Rotten prima di diventare un fenomeno di contro cultura costruito ad arte per aumentarne la popolarità, erano ragazzi che già nella propria testa odiavano la patina di ipocrisia che ricopriva l’Inghilterra degli anni ’70.

John Lydon, che poi cambiò nome in Johnny Rotten, se ne andava in giro con una maglia sulla quale aveva cucito, sopra la stampa “Pink Floyd”, “I Hate”, e “Rotten” è il “marcio” dei denti che non lavava mai. La parabola punk di Sid Vicious si spense invece con la sua morte per overdose dopo le accuse di omicidio nei confronti della fidanzata Nancy. I concerti della band raramente vedevano una conclusione senza risse e disordini, portando tanti locali a chiudere loro le porte in faccia. Ma I Sex Pistols hanno fatto del disprezzo delle regole e dello scandalo le leve utili a lanciare una vena di ribellione che anche oggi, nonostante non esista più una scena punk, pulsa nei tanti artisti che si sono ispirati a loro anche indirettamente.

Manchester 1976, il live fondamentale dei Sex Pistols. La band accende la scintilla che darà il via alla scena punk e post punk inglese, cantando per gli inconsapevoli futuri Joy Division, Buzzcocks, Falls, Smiths

Francesca Staropoli

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