L’uomo e l’artista in Nick Cave si fondono e si elevano a discorsi sull’anima, su amori perduti, sull’esistenza, su come si convive con il dolore. C’è un dialogo con chi ascolta, i discorsi iniziano con la musica, passano attraverso le orecchie e vibrano in ogni cellula di chi recepisce le sue parole. E da qui nasce un dialogo trascendentale, esperienza rara di cui ogni persona che vi si è imbattuta si sente grata. Per la musica, per le parole, per la speranza.
Nick Cave e l’entità unica con i Bad Seeds
Nick Cave, nato il 22 Settembre 1957 in una cittadina australiana, aveva già fatto esperienza musicale con i Birthday Party, con i quali aveva viaggiato in Europa e in America partendo dalla nativa Australia. Ma la sua carriera sarà legata in modo simbiotico alla band che fonda nel 1983 come supporto alla sua carriera da solista, Nick Cave And The Bad Seeds. In quel momento prende forma una narrazione artistica che volteggia tra i vari album del gruppo, il sublime è il filo rosso apposto su ogni lavoro, la nudità dell’anima è ciò a cui ogni ascolto conduce e che non smettiamo di sperimentare ancora oggi. Eleganza senza fine delle atmosfere, dimensione intima accentuata e sviscerata nei testi cantati con voce baritona, melodie che sembrano cristalli da maneggiare con cura: tutti modi di descrivere l’arte di Nick Cave.
Tra gli innumerevoli titoli straordinari non si può dimenticare di citare “Red Right Hand“, il brano divenuto popolare dopo essere stato scelto come colonna sonora della serie tv “Peaky Blinders“. L’artista ha inoltre partecipato ad alcuni duetti, tra i quali ricordiamo quello con PJ Harvey (che per un periodo è stata anche sua compagna) in “Henry Lee“, o quello con Kylie Minogue in “Where The Wild Roses Grow“. Una parentesi di quattro anni, tra il 2007 e il 2011, ha riportato Nick alle sonorità dei suoi esordi con i Grinderman, band post-punk con cui pubblica due album, ma è un esperimento che, seppur riuscito, rimane parallelo ed ha un decorso breve.
La scrittura e i Red Hand Files
La sensibilità ed il talento di Cave hanno anche un altro canale di diffusione: la scrittura. Non solo testi di canzoni che sono vere e proprie poesie o riflessioni di vita (spicca in questo “Skeleton Tree“, l’album uscito dopo la perdita del figlio nel 2015), ma anche le raccolte di poesia e prosa “King Ink” e “King Ink II” e i romanzi “E l’asina vide l’angelo” e “La morte di Bunny Munro“. Ma le esplosioni creative di Nick Cave lo portano a lavorare anche per il cinema, sia come compositore di colonne sonore che come attore, e ancora come sceneggiatore.
Tuttavia, la grandezza di Nick Cave diventa tale solo quando la si considera anche sul lato umano. Personaggio che sembra inarrivabile, ha invece fondato un sito web, The Red Hand Files, in cui comunica con i suoi fan, che spesso si rivolgono a lui in cerca di risposte a domande tormentate. E le sue risposte diventano vere e proprie pagine di lezioni di vita da dove apprendere resilienza e conforto. Un conforto che è alla base delle sensazioni che Nick Cave vuole far arrivare a chi ascolta la sua musica, come ha recentemente spiegato a chi gli chiedeva perché non parla di politica nelle sue canzoni. “Mi occupo di anima, non di politica“. E non possiamo che constatare che se ne occupa in modo egregio.
Francesca Staropoli
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