Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio in Europa nella seconda metà del 900′ alla scoperta di una scrittrice russa troppo spesso dimenticata. Parleremo di Russia, di esuli e di intellettuali russi. Abbiamo dedicato la puntata di oggi a Nina Berberova e alla sue opere.
“Questo non è un libro di ricordi. Questo libro è la storia della mia vita, il tentativo di raccontare questa vita seguendo un ordine cronologico e di scoprirne il significato. Ho amato e amo la vita, e non meno della vita (ma neanche di più) amo il suo significato. Scrivo di me nel passato e nel presente, e parlo del passato con il mio linguaggio del presente.”
Queste parole costituiscono l’incipit di “Il corsivo è mio”. Si tratta di un’autobiografia in cui Nina Berberova parla della sua vita segnata dall’ esilio e dalla lontananza dalla Russia a causa delle persecuzioni comuniste. In quest’opera la Berberova racconta in maniera efficacie l’incontro con molti grandi intellettuali russi esuli visti come persone fragili, segnate dal dolore e dal ricordo della madrepatria. Tra di loro c’è chi sceglie di tornare con diversi compromessi o chi è rimasto quasi sempre lontano come la Berberova.
Nina Berberova, la Russia e l’esilio
Nina Berberova è una scrittrice profondamente segnata dall’esilio. Molti protagonisti dei suoi racconti come “Roquenval” sono esuli russi in conflittualità con il proprio passato. Persone che difficilmente s’integrano e che vivono in un sogno di un mondo che non c’è più. Su questo ultimo tema non mancano grandi romanzi della Berberova ambientati all’inizio del secolo in ricordo di una Russia che fu e che venne distrutta dalla rivoluzione come “L’accompagnatrice” e “Il ragazzo di vetro”. Quest’ultima è una delle opere più complicate su Čajkovskij. La Berberova fa un ritratto complesso del grande musicista trattando anche risvolti che all’epoca furono giudicati scabrosi come l‘omosessualità di Čajkovskij.
Stefano Delle Cave