Aveva chiesto di poter ottenere l’eutanasia a seguito di una grave depressione, ma non avendo potuto ottenerla la 17enne si sarebbe lasciata morire di fame e sete. Il caso Noa Pothoven ha sconvolto un continente.

Scegliere il suicidio a soli 17 anni significa porre fine ad una esistenza breve sì, ma così dolorosa da essere ritenuta insopportabile. È l’atroce destino di una ragazza bellissima, giovanissima e terribilmente infelice. Parliamo del caso di Noa Pothoven, che nell’Olanda della morte su richiesta ha ottenuto, dopo una lunga battaglia legale, l’assistenza medica per morire.

O almeno così si leggeva sulla rete.

La notizia è di quelle che fanno raggelare il sangue, anche a leggerla più e più volte. Come la bacheca dei social di ieri che per molte persone è diventata specchio di quella notizia così agghiacciante. I brividi che vengono all’idea degli abusi su una minore, della depressione, l’anoressia, e più di tutti quel martellante pensiero di morte che ha portato la ragazzina a combattere una vera lotta legale per ottenere il diritto al suicidio.

Così subito s’è diffusa macchia d’olio la macabra notizia, post dopo post:
la giovane sarebbe morta domenica nel salotto di casa sua, con l’assistenza medica e al suo fianco la madre che, con il padre, le era stata sempre vicina ma non è riuscita a farle cambiare idea. 

Ma la notizia del suicidio di Noa per eutaniasia non è mai stata confermata,

e nonostante ciò nessuno ha messo in dubbio quanto divulgato ieri dalle agenzie di stampa italiane e rilanciato da tutti i siti nostrani – ma non da quelli internazionali, fatta forse eccezione solo per qualche testata minore anglofona.

Parliamo di una ragazzina olandese di appena 17 anni, Noa Pothoven, afflitta da tempo da una depressione dovuta alle conseguenze psicologiche di due stupri subiti da bambina, che si diceva sarebbe sottoposta ad eutanasia nel suo Paese.

Cerchiamo di fare più chiarezza:

Secondo il giornale olandese Algemeen Dagblad, lo scorso anno la ragazza avrebbe tentato di ottenere l’autorizzazione, in una clinica dell’Aja, ad essere sottoposta ad eutanasia senza il consenso dei suoi genitori (i quali si opponevano strenuamente).
In Olanda, dove l’eutanasia è legalizzata dal 2002 (si tratta del primo Paese europeo a varare la norma).
Infatti dal 2004 il «protocollo di Groningen» concede la «dolce morte» in casi particolari, con una norma che lo prevede anche per i minori dai 12 anni in su, ovviamente previo consenso parentale e solo in presenza di certificati medici che accertino una sofferenza insopportabile, anche psichica, e una impossibilità di guarigione.

Anche sui social, specialmente su Instagram, la 17enne olandese aveva scritto di aver preso una decisione «definitiva».

Con parole fredde e taglienti come le lame di un bisturi, parla della sua scelta (dopo tante «discussioni e ripensamenti») di smettere di mangiare e bere perché la sua sofferenza era diventata «insopportabile».

«Ho questo piano da tanto tempo, la mia non è una decisione impulsiva»

Noa Pothoven

Queste sono le parole che scrive, annunciando che sarebbe morta entro 10 giorni. Perché, aveva scritto,

«respiro, ma non sono più viva».

Noa Pothoven

La vicenda del Suicidio di Noa Pothoven:

La giovane è morta effettivamente ieri nel salotto della sua casa, ma secondo alcuni media nostrani lo Stato le avrebbe rifiutato l’eutanasia e rimandato la decisione quando avesse compiuto 21 anni e dopo un percorso di cura.

Noa in una foto in cura – Google


Noa, ricevuto il rifiuto, si sarebbe quindi lasciata semplicemente morire di fame e di sete.

La ragazzina si era rivolta a una clinica per chiedere l’eutanasia, senza dirlo ai genitori. A fine dicembre lei stessa aveva raccontato a un giornale che il permesso le era stato negato:

“Pensano che sia troppo giovane per morire: pensano che dovrei completare la mia cura post-traumatica, attendere finché non sia completamente cresciuta, aspettare fino a 21 anni. Sono devastata perché non ce la faccio ad aspettare così tanto tempo”. 

Noa Pothoven

I genitori per curare la sua depressione avevano anche proposto l’elettroshock che le era stato rifiutato perché molto invasivo in soggetto decisamente troppo giovane.
Così la giovane è stata rimandata a casa dove dall’inizio di giugno ha cominciato a rifiutare cibo e liquidi.

I genitori, d’accordo con i medici, hanno acconsentito a non ricorrere all’alimentazione forzata.

Un dolore lancinante, una morte, una fake news:

Quel che si sa per certo, invece, è che l’adolescente, affetta da manie autolesioniste e da anoressia, e aveva già tentato il suicidio.
Per quanto macabro e inquietante, suona quasi logico che, alla fine, la ragazza si sia lasciata morire di fame e di sete, e che solo nelle ultime ore sia stata accompagnata nella morte con sedazione profonda.

A sentire tali fonti, non si tratterebbe affatto di eutanasia, nel modo più assoluto.

Lo stupro, la depressione, l’anoressia di Noa:

Noa, biondina con grossi occhi chiari e un visino d’angelo, aveva sfogato le sue angoscie e diffuso la sua storia in un libro autobiografico chiamato «Vincere o imparare»: dalle pagine si legge che era stata aggredita per la prima volta all’età di 11 anni e violentata da due uomini quando aveva solo 14 anni; fatti questi, che aveva nascosto a lungo ai suoi genitori perché si vergognava.

Noa era quindi stata vittima di molestie sessuali a 11 e 12 anni, in un grottesco climax che poi a 14 anni l’ha condotta a subire un tremendo stupro di gruppo da due uomini nella sua città, Arnhem.
Lei non aveva denunciato subito gli abusi, per paura o vergogna siccome queste vicende spezzano irrimediabilmente le vittime che molte volte non hanno neanche la forza di ricordare.

Noa infatti si è più ripresa dal trauma:

la ragazzina aveva sofferto di stress post-traumatico, anoressia, depressione. L’aveva raccontato in un libro autobiografico, pubblicato alla fine del 2018, in cui descriveva i suoi sforzi per superare i disturbi psichici.
Con il suo lavoro, diceva, voleva aiutare i giovani più vulnerabili a lottare per la vita, lamentando che in Olanda non esistessero strutture specializzate dove gli adolescenti potessero ottenere supporto fisico e psicologico in casi simili.

Naturalmente la notizia del suicidio di Noa ha fatto molto scalpore in Italia, a partire dal fatto che sia stata diffusa come “Fake News”

“L’Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? Falso! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva rifiutato l’eutanasia a Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentite e scuse”.

Marco Cappato

Lo ha scritto oggi  Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna Eutanasia legale, su Facebook. Ma questa non è stata la sola polemica:

Molti esponenti della destra pro-life hanno colto immediatamente l’occasione per attaccare la libertà di decidere come morire.

«L’Italia si batta per cambiare verso a un’Europa mortifera, fatta di mostri impegnati a far trionfare la denatalità, a cancellare la famiglia naturale, a sostituire il lavoro con l’automazione, l’economia con la finanza, la vita di una ragazza di 17 anni con l’eutanasia»,

Fabio Rampelli

ha sentenziato – rendendosi fuori luogo e anche un po’ di cattivo gustoFabio Rampelli, di FdI.

Dall’altra parte abbiamo una voce dal partito radicale, della presidentessa Farina dell’Istituto Luca Coscioni, avverte:

«Prudenza. Ci vuole prudenza. Quanto in un caso di depressione o di un grande disagio psichico la scelta dell’eutanasia o del suicidio assistito è realmente libera? Serve prudenza».

Maria Antonietta Farina

Prudenza a dare un giudizio su una storia dai contorni poco chiari e sulla vita altrui è quanto mette in luce d’altra parte l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione di cui sopra, che chiede:

«Quanto tempo ancora passerà affinché in Italia sia colmato il vuoto di tutela di diritti evidenziato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza sul caso Cappato, e si vari finalmente una legge sulla legalizzazione dell’eutanasia?».

Filomena Gallo

Altre voci italiane, dalla religione alla scienza:

L’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza”.

Papa Francesco

Sono le parole di Papa Bergoglio in un tweet, il giorno dopo la notizia della vicenda di Noa.

Alberto Gambino, che invece si trova ideologicamente all’opposto, affronta la vicenda in modo diverso. Presidente dell’associazione Scienza e Vita, interviene sul terribile caso di Noa che ha scelto il suicidio assito, dicendo:

“Si tratta di un tema di sistema. In quelle legislazioni come l’Olanda in cui si era partiti da idea che davanti a patologie insopportabili si potesse in qualche modo aiutare a morire le persone, oggi ci ritroviamo davanti ad una prospettiva dilagante. Sono circa 7mila i casi in Olanda da quando il suicidio assistito è stato legalizzato: si tratta di una fetta significativa della popolazione”.

Alberto Gambino

Dati alla mano, rileva Gambino: “Accanto a morti per incidenti, tumori, c’è fetta di morti, circa un 5%, legata all’eutanasia. Una situazione di morte che diventa praticamente normale mentre noi sappiamo che nei Paesi dove non è legalizzata l’eutanasia le richieste eutanasiche sono un numero piuttosto esiguo”.

Riflette il presidente di Scienza e Vita:

Gli stati depressivi si curano, diversamente pensare che l’esito sia di potere arrivare a morte artificiale è una grande sconfitta anche per l’umanità. Davanti alla depressione si combatte per trovare una via di uscita. Da un lato c’è la libertà della persona che vuole lasciarsi andare ma dall’altra c’è la situazione che fa leva sulla solidarietà. Invece qui si arma la libertà di chi deve farla finita e, paradossalmente, chi è accanto non può esprimere in pieno la solidarietà”.

Alberto Gambino

Come l’Olanda ha vissuto questo tragico suicidio:

Da una parte, il Ministero salute Olanda avvia ispezione sanitaria.

Effettivamente in Olanda è partita “un’ispezione sanitaria per verificare se è necessario aprire un’indagine” vera e propria sul caso della morte della ragazzina olandese Noa Pothoven. Lo ha detto all’Ansa un portavoce del dicastero olandese. L’ispezione, ha precisato il portavoce, non riguarda l’eutanasia, ma intende accertare

il tipo di cure ricevute da Noa e se ci sia stato qualche errore

nei trattamenti somministrati. Al termine di questa prima verifica, il ministero deciderà se procedere con un’indagine ufficiale.

La storia è lugubre, malinconica, angosciante, ma lascia molti spunti per riflettere, dall’ambito sociale e politico a quello più intimo. Che sia l’occasione di comprendere qualcosa in più sulla nostra esistenza? Quel qualcosa in più che Noa non ha potuto ottenere o che, forse, non le interessava più.

SEGUICI SU
FACEBOOK
INSTAGRAM