È il 1978 quando due giornalisti tedeschi pubblicano un memoriale sul giro di droga e prostituzione minorile di Berlino basato sulle testimonianze e le confessioni della quattordicenne Christiane F., dando vita a una delle più grandi inchieste del periodo e poi al celebre libro Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.
Due anni dopo Uli Edel trae un film omonimo da questa storia allucinante, che ha sconvolto il mondo a causa della giovanissima età dei protagonisti coinvolti, e così raggiunge anche chi non ha letto il libro. Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino è il simbolo di una generazione, nonché il documento perfetto per raccontare il degrado della Berlino prima del 1989.
Tra droga e prostituzione crescono dei ragazzini sbandati, senza prospettiva di un futuro e per questo già adulti nei modi e negli atteggiamenti, dovendo sopravvivere in una realtà troppo sconvolgente perfino per i grandi. Benché non crudo quanto il libro, in cui Christiane descrive con minuzia ogni dettaglio della sua tossicodipendenza, il film è comunque una valida alternativa grazie alle interpretazioni degli attori.
In particolare Natja Brunckhorst a soli 15 anni riesce a immedesimarsi con intensità nel ruolo di Christiane, offrendo un’interpretazione sofferta e per questo iconica e indimenticabile. A fare la loro parte anche il trucco, che restituisce con realismo la realtà anche fisica della tossicodipendenza, e scenografie e location in cui lo squallido grigiore dei “casermoni” comunisti fa da sfondo alla vicenda.
E in mezzo a questo degrado risuonano le note di David Bowie, a Berlino nello stesso periodo in cui i ragazzi dello zoo vivevano il loro personale inferno. Chissà se anche loro pensavano di poter essere degli eroi solo per un giorno.
Chiara Cozzi
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Ph: taxidrivers.it