“Non sposate le mie figlie!”, l’ironia del cinema contro il razzismo

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Due temi assolutamente opposti: la bellezza del matrimonio contro l’orribile pregiudizio razziale, la gioia di due ragazzi innamorati contro l’odio tra gruppi di persone che si vedono diverse tra loro e proprio non riescono ad accettarlo. Un tema sempre attuale. Lo era già nel 2014, anno di produzione di “Non sposate le mie figlie!”, commedia francese che con ironia e leggerezza prova a ridicolizzare quel mondo di intolleranza e diffidenza verso i matrimoni misti, le differenze di razza e di religione.

Ti prego Dio, fa che questo sia cattolico!

Claude e Marie Verneuil sono una coppia borghese, cattolica e intensamente patriottica. Genitori di quattro figlie, tre delle quali coniugate rispettivamente con un ebreo, un arabo e un asiatico, vivono nella loro bella proprietà in provincia e pregano dio di maritare la quarta con un cristiano. La loro preghiera viene esaudita, la figlia più piccola annuncia il matrimonio con Charles, cattolico, e finalmente i genitori potranno celebrare il rito in chiesa, davanti alla comunità che, pensano, li vede come gli zimbelli del paese per la grande famiglia multietnica costruita dalle altre figlie. Ma “attento a ciò che desideri, potrebbe avverarsi!”, l’euforia dei genitori svanisce nello stesso istante in cui conoscono il futuro genero: Charles ha evidenti origini ivoriane.

“Non sposate le mie figlie!”, Il matrimonio non s’ha da fare

Il dramma per questo matrimonio misto non scompiglia solo la pace di casa Verneuil. Dalla Costa d’Avorio, arriva la famiglia di Charles, e suo padre è un ex militare intollerante e insofferente alla colonizzazione europea dell’Africa. Almeno su una cosa, i due futuri suoceri sono d’accordo: questo matrimonio è decisamente male assortito. Il razzismo verso il diverso, in questo film, viene da entrambi i lati e sarà difficile smontare l’armatura di pregiudizi e tradizionalismo che i due uomini hanno indosso. Tra gag esilaranti, vivaci scambi di vedute e momenti di ironia tagliente, questo film mostra un aspetto attuale della cultura sia francese che non e riesce a dare un calcio deciso alla bruttezza del razzismo in tutte le sue forme.

La verità statistica dietro “Non sposate le mie figlie!”

Sulla questione dei matrimoni misti si è studiato parecchio, per cercare di comprendere il perché dell’alto tasso di fallimento di questi ultimi. Il progetto INTERMAR (“Integration of international marriages”) ha messo a confronto i tassi di divorzio relativi ai matrimoni misti con quelli dei matrimoni celebrati tra connazionali e persone appartenenti allo stesso gruppo etnico di Canada, Francia e Stati Uniti. Dai risultati è emerso che proprio in Francia, i matrimoni misti registrano un tasso di divorzio tra coppie miste decisamente più alto che in Canada o Usa. Interviste rivolte a coppie divorziate e avvocati divorzisti hanno confermato che i problemi coniugali erano dovuti principalmente alle differenze culturali e alla pressione sociale. Tra le cause di questo insuccesso c’è la differenza di orientamento religioso e la percezione dell’unione da parte di familiari e amici.

“Non sposate le mie figlie!” ha anche un sequel

 “Non sposate le mie figlie!” porta a riflettere sull’ultimo punto, cioè sul peso dei giudizi da parte delle persone più vicine agli sposi, e sull’importanza di abbattere quei muri che i protagonisti (che rappresentano tutte le coppie innamorate) non hanno mai avuto tra loro. La fortunata commedia ha avuto un sequel nel 2019: “Non sposate le mie figlie! 2”. Il razzismo, tema principale del primo film, è affrontato una seconda volta, ma in maniera diversa se pur sempre intelligente: l’integrazione adesso è data per assodata, è un problema che riguarda il resto della Francia ma sicuramente non la famiglia Verneuil. E sarà proprio la mancata integrazione a livello nazionale a mettere in moto gli eventi del capitolo 2.

Vera Martinez