Una delle sostanze più temute prodotte in Russia è il Novichok, usato nell’avvelenamento dell’oppositore del regime Alexei Navalny e dell’ex spia dell’intelligence militare di Mosca Sergej Skripal. Si tratta di gas nervini, che possono essere suddivisi in più composti non letali e trasportati quindi in modo più sicuro. Gli esperti concordano però sul fatto che se ci sarà un attacco chimico in Ucraina, avverrà attraverso armi comuni per lasciare dubbi sulla paternità. 

“Nascondono il suo corpo – dice Navalnaya in riferimento alle autorità russe – attendendo quando svaniranno le tracce dell’ennesimo Novichok di Putin“. È questa l’ipotesi di Julija Borisovna Naval’naja in merito alla morte del marito Alexei: avvelenamento da Novichok, come già accaduto nel 2020, quando Navalny era già stato avvelenato e i risultati dei test tossicologici eseguiti all’ospedale Charité di Berlino ne avevano confermato la presenza nei campioni.

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Novichok in russo significa “nuovo arrivato” e indica una classe di potenti neurotossine sviluppate in Unione Sovietica e in Russia negli anni ’80 e ’90. Si tratta di una delle sostanze più temute prodotte dalla Russia e in passato già usata per avvelenare gli oppositori del presidente Vladimir Putin. Un agente nervino chimico appartenente al gruppo Novichok era stato utilizzato ad esempio per avvelenare l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia Yulia Salisbury, in Inghilterra, il 4 marzo del 2018.

I Novichok sono agenti nervini realizzati per non essere tracciabili, per essere permeabili rispetto agli abiti di protezione chimica della Nato e per essere adatti ad aggirare la Convenzione sulle Armi Chimiche. Invece di essere in dispersione in un gas o nel vapore, sono associati a una polvere ultra-fine. La loro assunzione aumenta la contrazione involontaria di tutti i muscoli, conducendo all’arresto sia respiratorio sia cardiaco e infine alla morte. La sintomatologia di un avvelenamento da Novichok può ricordare quella di un infarto, rendendo difficile l’identificazione. Esistono antidoti come l’atropina, che può essere utilizzata per trattare l’avvelenamento, ma non esclude la possibilità di danni permanenti.