Tre donne e tre uomini.
Tre storie che iniziano con “c’era una volta” e terminano senza lieto fine, senza un “e vissero felici e contenti”, perché si tratta di storie di morte e di violenza. Storie di femminicidi.
La trama è quasi sempre la stessa, segue ormai una propria struttura autonoma: lui all’improvviso impazzisce e colto da un raptus, si scaglia contro la sua vittima, la sua compagna.
Sarebbe semplice poter riassumere il tutto così, con estrema faciloneria, ma sarebbe come arrendersi e rendere normale un qualcosa che, di normale non ha niente.
Fiabe dell’orrore
Nelle ultime 24 ore, nel nostro Paese, si sono verificati ben 3 femminicidi: Silvia, Marylin e un’altra donna,
di cui non si conosce il nome, nel Bresciano.
Silvia era rimasta sola con i suoi due bambini dopo la morte del marito, ma tre anni fa aveva incontrato
Nicola. Ieri era il loro anniversario e lui, per regalo, l’ha sgozzata e poi si è costituito piangendo. Il tutto nelle
campagne della Maremma. Il tutto, forse, a causa di un banale litigio.
Marylin anche era una mamma e Marylin anche ha trovato la morte per mano del suo uomo, Marco, che
prima di denunciarsi, ha vegliato sul suo corpo esanime per un giorno intero. L’ha uccisa senza rendersene
conto, perché era ubriaco.
Infine, vicino Brescia, una madre ed una moglie di cui non sappiamo neppure il nome, è stata ammazzata
dal marito a causa della gelosia, il quale, dopo aver preso consapevolezza delle proprie azioni, si è
impiccato. I corpi sono stati scoperti in seguito alla segnalazione preoccupata dei tre figli della coppia che
non riuscivano a contattarli.
Se queste tre donne sono accomunate dalla maternità, da una morte violenta e da un compagno assassino,
i tre uomini sono accomunati dall’aver ucciso la propria compagna e averla poi “protetta”, chi restandole
accanto e chi togliendosi la vita. Ovviamente, non si tratta di reale spirito di protezione e galanteria.
C’è chi ancora, nel 2021, non se ne capacita, negando l’evidenza, eppure è sempre più evidente come ci si
trovi di fronte ad un’emergenza: i femminicidi sono reali, fenomeni sociali ben delineati che accadono, non
per follia, ma per un’educazione rigidamente patriarcale. Il maschio è fortemente convinto di avere il
controllo, fisico o mentale che sia, della donna che ha accanto; la furia omicida esplode quando l’uomo, con
frustrazione, comprende di aver davanti a sé un suo pari, libero e indipendente. Uccidere è l’unica forma di
sottomissione possibile, ma ciò che apparentemente sembra essere sinonimo di forza, altro non è che un
sintomo di debolezza ed ignoranza. Restando al fianco dei cadaveri, si tenta di esercitare ancora un ultimo e
disperato tentativo di controllo.
Esiste un modo reale per contrastare questa piaga sociale? Sì, ripartendo dall’educazione emotiva e
sentimentale dei più giovani. Insegnando il rispetto dell’altro, indipendentemente dal genere. Educando
alla parità e non alla lotta di supremazia dei sessi.
Solo lavorando attivamente sul seme, verrebbe resa possibile la riappropriazione da parte di tantissime
donne del proprio lieto fine e risparmiarci finali disumani.