Si è conclusa con la terza stagione Pose, e io ne sentirò tremendamente la mancanza, oltre che il bisogno nelle situazioni in cui tutto sembra non andare per il verso giusto. Creata da Ryan Murphy e andata in onda su Netflix, la serie ha fatto conoscere in tutto il mondo la cultura e il mondo delle ballroom sulla scia di documentari come Paris is Burning.

Per tre stagioni le luci della scena sono state puntate sulla bellezza umana in tutte le sue sfaccettature: abbiamo conosciuto personaggi irriverenti ma custodi di un’umanità che mette i brividi. Insieme a Pray Tell, Angel, Blanca e gli altri abbiamo condiviso momenti di gioia ma anche di dolore, e non ho potuto non farmi puntata dopo puntata una domanda: come si può emarginare qualcuno in base alla propria identità?

Mi rendo conto che sia una domanda ricorrente, e forse ridondante, ma non riesco a capacitarmi di essere più fortunata di altri senza aver fatto nulla per meritarmelo. Sono semplicemente nata cishet, riconoscendomi nel mio corpo e non dovendo aver paura di stringere la mano del mio ragazzo per strada. Pose serve da memento continuo: ti fa specchiare nel tuo privilegio, costruito da una società eteronormativa sulle battaglie e le sofferenze di chi, ancora, teme di essere se stess*.

Pose è la serie tv simbolo di una generazione e di un movimento, ma soprattutto di una storia all’interno della quale si possono trovare migliaia di racconti di esseri umani diversi. È casa, anzi House che accoglie chiunque abbia bisogno di scappare e di essere apprezzato ma soprattutto amato. Pose è un’esperienza che va oltre il piccolo schermo, e io non potrei essere più grata di averla vissuta.

Chiara Cozzi

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Ph: serial.everyeye.it