Il 23 febbraio Stefano Leo veniva ucciso con una coltellata alla gola. Said Machaouat ha confessato il delitto ai magistrati facendo ritrovare l’arma usata per commettere l’omicidio al momento senza un perché

L’omicidio di Stefano Leo

23 febbraio, Stefano Leo sta facendo una passeggiata in lungo Po Macchiavelli di Torino prima di recarsi a lavoro quando viene aggredito con un coltello e ucciso con una coltellata alla gola. “Siamo ancora increduli. Quello che è accaduto a Stefano non deve più succedere a nessuno”, hanno detto ieri gli amici di Stefano Leo che, alla presenza del sindaco Appendino, hanno fatto librare in aria un centinaio di palloncini rossi per ricordare l’amico morto. Un ‘omicidio di un normale commesso in un negozio di abbigliamento rimasto senza un colpevole e senza un movente per oltre un mese fino alla confessione di ieri

omicidio Stefano Leo, il ricordo degli amici
Gli amici ricordano Stefano Leo, immagine tratta da lastampa.it

La confessione di Said Machaouat

Fermato nella notte Said Machaouat, un ventisettenne di origine marocchina, che si è presentato dai carabinieri e ha confessato l’omicidio di Stefano Leo. “Quello in riva al Po l’ho ucciso io”, ha detto in modo confuso Machaouat agli agenti confessando l’omicidio di Stefano Leo, “mi sentivo braccato dai carabinieri. Non volevo commettere altri guai”. L’uomo è stato successivamente interrogato per tre ore nel Comando provinciale da i carabinieri. Machaouat ha fatto ritrovare anche l’arma del delitto, un affilato coltello da cucina nascosto in una cassetta dell’Enel in piazza d’Armi a Torino. Ancora misterioso e sconosciuto il movente del delitto. Machaouat, che era depresso per la separazione dalla moglie, non conosceva la vittima e ha detto confusamente di aver commesso l’omicidio semplicemente perché voleva uccidere qualcuno e aveva scelto Leo spinto dalla depressione. Un efferato omicidio senza ancora un movente valido