Non solo i danni da coronavirus: la prolungata quarantena porta con sé molte altre patologie che non devono essere trascurate, prima fra tutte i rischi per la salute mentale. È quanto rileva un rapporto presentato da Devora Kestel, Direttrice del Dipartimento per la salute mentale dell’OMS.
Quanto affermato dalla Direttrice è intuitivo: la quarantena ha costretto numerose persone a comportamenti nocivi, come “l’isolamento, la paura, l’incertezza, le turbolenze economiche, tutti questi elementi causano o potrebbero causare sofferenze psicologiche“.
È più che probabile un aumento dei casi di malattie mentali direttamente collegate alla quarantena; proprio per questo Kestel ha lanciato un appello ai governi, chiedendo di mettere la questione “in primo piano”.
Le cause di malattie mentali sono molteplici, così come le persone affette, soprattutto in parti della società vulnerabili al disagio mentale, inclusi bambini e giovani isolati da amici e dalla scuola, operatori sanitari che vedono migliaia di pazienti infettati e che muoiono per il coronavirus.
Anche il Direttore Generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha espresso un parere sulla questione: “L’impatto della pandemia sulla salute mentale delle persone è già estremamente preoccupante. L’isolamento sociale, la paura del contagio e la perdita di familiari sono aggravati dall’angoscia causata dalla perdita di reddito e spesso dalla disoccupazione“.
Gruppi specifici a rischio
Nella relazione dell’OMS, si legge che “gruppi specifici di popolazione sono particolarmente a rischio di stress psicologico correlato al Covid. Gli operatori sanitari in prima linea, di fronte a carichi di lavoro pesanti, decisioni di vita o di morte e rischio di contagio, sono particolarmente colpiti“.
Operatori sanitari
Stando ai dati forniti, durante la pandemia, in Canada il 47% degli operatori sanitari ha segnalato la necessità di supporto psicologico, in Cina, gli operatori sanitari hanno riportato alti tassi di depressione (50%), ansia (45%) e insonnia (34%) e in Pakistan, un ampio numero di operatori sanitari è affetto da stress psicologico moderato (42%) o acuto (26%).
Bambini ed adolescenti
Anche i bambini e gli adolescenti sono a rischio. I genitori in Italia e in Spagna hanno riferito che i loro figli hanno avuto difficoltà a concentrarsi, così come irritabilità, irrequietezza e nervosismo. Le misure di confinamento hanno comportato un rischio maggiore per i bambini che assistono o subiscono violenze e abusi.
Donne
Il report poi indica anche la popolazione femminile come gruppo di persone con specifiche preoccupazioni. Un’indagine sui livelli di stress nella popolazione indiana durante la pandemia COVID-19 ha indicato che il 66% delle donne ha riferito essere stressata rispetto al 34% degli uomini. Durante l’attuale situazione di COVID-19, le donne incinte e le neomamme sono particolarmente vulnerabili a problemi d’ansia a causa di difficoltà di accesso servizi e supporto sociale e la paura di infezione.
Così come accade per i minori, l’abuso, lo stress e le restrizioni sul movimento sono fattori che possono aumentare la violenza sulle donne. È stato stimato che qualora le restrizioni continuino per altri 6 mesi, a livello globale si potranno verificare circa 31 milioni di casi di violenza o discriminazione di genere.
Contesti umanitari e di conflitto
Anche le persone che vivono o lavorano in contesti umanitari e di conflitto, le cui esigenze di salute mentale sono spesso trascurate, richiedono maggiore attenzione. Le prove indicano che in situazioni di conflitto 1 persona su 5 ha problemi di salute mentale. La pandemia può esacerbare le condizioni di salute mentale esistenti, indurre nuove condizioni e limitare l’accesso ai già scarsi servizi di salute mentale disponibili.
Inoltre, è spesso difficile attenersi a misure di prevenzione delle infezioni (come ad esempio distanziamento fisico) per le persone che vivono in contesti umanitari, come i rifugiati o gli sfollati interni che vivono in campi o insediamenti affollati. Ciò aumenta i rischi di infezione da COVID19 e genera alti livelli di stress.
Non sono ancora disponibili dati relativi alla COVID-19 sulla salute mentale per le persone in contesti umanitari e di conflitto, ma i dati sui migranti sono preoccupanti. L’Inter-Agency Standing Committee (IASC) ha raccomandato una serie di azioni chiave per ridurre al minimo e affrontare l’impatto della COVID-19 sulla salute mentale e sul benessere psicosociale. Il gruppo di riferimento dello IASC sulla salute mentale e il sostegno psicosociale sta sostenendo i gruppi di coordinamento per la salute mentale e il sostegno psicosociale in più di 20 emergenze umanitarie per rafforzare la risposta umanitaria locale di fronte al COVID-19.
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