One Piece Odyssey Recensione | One Piece Odyssey è un gran bel gioco. Non è un segreto che i giochi su licenza anime e manga raramente soddisfino le aspettative. Intendiamo quelle sia dei videogiocatori, che dei fruitori delle opere multimediali dalle quali sono tratti. In particolare, One Piece negli ultimi anni si era un po’ fatto “una brutta nomea”, che Odyssey ha già provveduto a dissipare.
ONE PIECE ODYSSEY RECENSIONE | TESTATO SU XBOX SERIES S
(Disponibile anche per: PS5, PC)
VOTO: 8.5
+Nella realizzazione è coinvolto il maestro Eiichirō Oda
+Esteticamente (e tecnicamente) è perfetto: vi sembrerà di star guardando l’anime
+Il sistema di combattimento “ad arene” è interessante
-La difficoltà non è elevatissima, i reward sono troppo alti
-Se non siete appassionati dell’opera originale, potreste non apprezzare appieno la storia
One Piece Odyssey Recensione, JRPirataG
One Piece Odyssey è stata una bella gatta da pelare in sede di recensione. Il gioco è un ottimo JRPG, dotato di tutti i tratti tipici e le qualità per eccellere anche se la storia non fosse basata sul celebre One Piece. Il problema, però, è che di fatto serve avere una conoscenza quantomeno buona, cioè non basilare né approfondita, delle vicende di Lufy e compagni. Almeno, così è se volete godere appieno di tutta la profondità di una serie di vicende che Oda stesso ha approvato. Il mangaka, da qualche tempo a questa parte, ha ripreso a tenere sott’occhio tutti i prodotti multimediali figli della sua opera, tra cui il film Red. Esattamente come per Odyssey, pure per il film l’autore aveva curato parte del character design, volendo essere incluso nei processi decisionali che hanno portato al prodotto finito.
Il risultato, positivo, è evidente, dato che One Piece Odyssey è un trionfo di estetica targata Oda. Tanto nei modelli dei personaggi, tutti rifiniti nei minimi dettagli, quanto nelle loro animazioni ed espressioni durante le cut-scene. Sia quelle pre-renderizzate (meravigliose) che quelle girate in-engine. I combattimenti, poi, dal punto di vista della tecnica e della direzione artistica e regia non sono da meno. Del resto, in un gioco con battaglie a turni è evidente che l’attenzione degli sviluppatori deve concentrarsi sul rendere i momenti ludicamente statici il più scenografici e accattivanti possibile. Aspettatevi di assistere a tutto il moveset dei Mugiwara nella forma migliore possibile: il termine di paragone per la qualità più vicino, il primo che mi viene in mente, sono le spettacolari finisher di Naruto Ultimate Ninja Storm.
Combattimenti a turni peculiari
Tornando all’incipit di questo articolo, e cioè al motivo per cui ho trovato alquanto impegnativo definire una direzione per la recensione di One Piece Odyssey, è evidente. Quelli che ho appena definito come “punti di forza” del titolo, lo sono solo nella misura in cui si conosce, possibilmente ama, One Piece. Solo che affermare “One Piece Odyssey è un gioco per appassionati di One Piece e basta” sarebbe ingiusto. Il suo sistema di combattimento peculiare è infatti frutto delle menti dei dev padri di Dragon Quest 11. Ben lontano dall’essere il compitino estremamente basilare e scolastico al quale abbiamo assistito con l’ultimo JRPG su licenza manga, quello dedicato a Fairy Tail.
Nella mappa, liberamente esplorabile, sono distribuiti piccoli enigmi ambientali, ricompense e i nemici ben visibili a schermo. Una volta ingaggiato il combattimento con uno di loro, partirà una classica lotta istanziata. Il terreno di ogni scontro è suddiviso in varie “arene” comunicanti tra loro. In ciascuna sono distribuiti sia i protagonisti, i membri della ciurma di Lufy, che i loro avversari. Ognuno dei buoni, e dei cattivi, è dotato di uno tra tre tipi: potenza, tecnica e valocità, che si contrastano in un meccanismo alla carta, sasso e forbice. Perciò, ci sono personaggi che saranno favoriti contro dati nemici, e altri che saranno ovviamente sfavoriti.
Per muoversi da un’arena all’altra, raggiungendo compagni malauguratamente capitati in zone non ottimali, si devono prima sconfiggere tutti i nemici che si hanno di fronte in quella zona. Però, non tutti i Mugiwara saranno contemporaneamente presenti sul terreno di battaglia. Ce ne saranno sempre alcuni “in panchina” tra i quali è possibile ciclare per sostituirli con altri già in combattimento. Inoltre, non c’è una statistica relativa la velocità d’azione: gli ordini dei turni sono alternati tra noi e i nostri opponenti, lasciando sempre a noi l’onore di compiere il primo passo. Chi sarà tra i pirati a colpire per primo, se compirà un attacco semplice o userà un’abilità che consuma PA sta a noi deciderlo di volta in volta.
A caccia di cubi
Le abilità disponibili per ogni personaggio vanno sbloccate incedendo nei mondi che visiteremo partendo dall’isola di Waford. L’approdo d’emergenza della ciurma di cappello di paglia non è stato dei più tranquilli. La nave Sunny è semidistrutta, loro sono sparpagliati per la mappa e per di più, a causa di un’incomprensione sono privati dei loro poteri, abilità e conoscenze da Lim.
La giovane, naufraga sull’isola insieme al suo compagno e amico Adio, odia i pirati a causa di brutte esperienze passate. Caso vuole che sia anche dotata di un interessantissima capacità: toccando una persona trasforma in cubi le sue potenzialità offensive. Resi molto meno potenti e pericolosi, i Mugiwara devono così recuperare tutti i cubi che la ragazza ha disseminato per Warano, e farlo in fretta. Scopriranno infatti in breve tempo che potenze inaspettate, tra cui la Marina, sono interessate al potere dei cristalli che giacciono sul territorio, e influenzano lo spazio e il tempo.
Alcuni dei cubi, i più succosi e appetibili, sono protetti da un meccanismo che costringe i nostri a rivivere le esperienze del passato per poter riottenere le abilità sfruttate in quelle occasioni. Ed è con questo espediente che Odyssey conduce una campagna originale, basata sui presupposti di cui sopra, ma senza dimenticare i fan di lunga data. Il loro bisogno di nostalgia canaglia sarà soddisfatto dalle incursioni nei ricordi di ciascun membro della squadra. Scampagnate che diventano per noi giocatori mappe intere in cui gli sviluppatori ricostruiscono parte delle storie trascorse in One Piece, come la saga di Alabasta. Rimaneggiandole qua e là con la giustificazione che “i ricordi sono corrotti”.
In questo modo la ripetitività che sarebbe dipesa dal costringere i giocatori e fan dell’opera a rivivere per l’ennesima volta momenti sì iconici, ma anche stra-abusati, è parzialmente scongiurata. Senza privare il titolo delle emozioni impossibili da dissipare legate a questo o quel momento storico per il manga o l’anime di One Piece. In più, come anticipato, l’occasione diventa ghiotta anche per trasformare ogni ambiente disegnato da Oda in mondi tridimensionali densi e resi interattivi dalle abilità extra combattimento dei personaggi. Lufy si allunga e può arrivare su alture altrimenti irraggiungibili. Zoro usa le sue spade per fare a fette porte durissime, mentre Frankye costruisce istantaneamente ponti atti a superare profondi crepacci e affini. Ho apprezzato il tentativo di rendere meno “monodirezionale” l’esplorazione possibile, tramite bivi e collegando con shortcut sia i mondi “dei ricordi” che i dungeon. Tuttavia, non è pienamente riuscito: la progressione resta comunque troppo “a corridoi”.
We Are!
Non è bello essere “il manga da cui producono solo musou”. Un genere né odiato nè amato, ma, è evidente, meno appetibile al vasto e variegato bacino d’utenza dei fan di One Piece. Fortunatamente si è deciso di tentare un approccio diverso con One Piece Odyssey: quello del JRPG. Il gioco funziona bene tanto quanto i musou nel recapitare a tutti, più o meno, ciò che desiderano e si aspettano.
Ai lettori del manga e agli spettatori dell’anime propone mosse finali o speciali dall’alto tasso di spettacolarità e fedeltà alla fantasia di Eiichirō Oda. Senza contare che la trama e il design dei due nuovi personaggi principali e di alcuni avversari sono firmati proprio dal maestro.
Ai videogiocatori, poi, lascia il piacere di gestire un sistema di combattimento a turni innovativo, grazie al sistema di debolezze e resistente e alle tantissime abilità disponibili per ogni pirata. Nonché il gusto di esplorare con un certo dinamismo ambientazioni che devono la loro evocatività e bellezza al fatto di essere trasposizioni 1:1 dei magnifici fondali di Oda. Fra l’altro, tutti i membri della ciurma sono parte attiva dell’esplorazione, dato che possiedono abilità esterne al combattimento pensate per muoversi nel vasto mondo di gioco.
Peccato solo per una difficoltà non entusiasmante, dovuta al mare di esperienza che costantemente viene riversata sul giocatore, per non forzarlo a grindare. Al player sono randomicamente proposte mini-task durante le battaglie. Come “abbatti tot nemici prima che un membro del team sia sconfitto”, il cui premio è un notevole boost al termine della battaglia. Il tentativo di eliminare il grinding estenuante che caratterizza i JRPG classici è lodevole. Tuttavia, se tramite uno scontro con un mostro qualunque, dopo una missione che si sblocca casualmente in battaglia, ottengo più punti esperienza che contro un Boss qualcosa non va.
Ciononostante, è impossibile non considerare quest’avventura originale una vera rivincita per i Mugiwara capitanati da Lufy. Una ventata d’aria fresca nella convenzione fin troppo reiterata dei Musou basati sull’opera immortale di Eiichirō Oda.