
Nel 1975 Rizzoli pubblica il libro “Lettera a un bambino mai nato” della scrittrice e giornalista fiorentina Oriana Fallaci, riscuotendo immediatamente successo, tradotto in ventisette paesi, superando i tre milioni di copie vendute nel mondo. La sua accoglienza è da ricercare nei temi trattati nel libro: maternità e aborto, due temi scottanti tutt’oggi, continuamente oggetto di opinioni e controversie.
Lettera a un bambino mai nato è un libro autobiografico oppure no? Come afferma la stessa scrittrice:
“L’idea fiorì da un’esperienza personale, il racconto invece fiorì dalla fantasia. Non sono io la donna del libro, tutt’al più le assomiglio”.
Eliminando attraverso questa dichiarazione ogni dubbio dalla mente dei suoi lettori. Benché gli argomenti presi in esame siano prettamente femminili, Oriana Fallaci partorisce un’opera universalmente umana, incapace di toccare nel profondo solo chi fa orecchie da mercante per non conoscere la verità.
Oriana Fallaci, la lettera di una madre a un figlio non ancora nato

Una donna sola e in carriera senza nome né volto, una donna qualsiasi, la cui vita viene sconvolta dall’oggi al domani dalla notizia di essere incinta e aspettare un bambino, “una goccia di vita scappata dal nulla”. Lettera a un bambino mai nato prende la forma di un monologo in più capitoli, continuamente riflessivo e oscillante tra voglia di amare e voglia di sparire, perché la vita è questo, un contrastante viaggio tra gli opposti. Attraverso l’utilizzo di un linguaggio diretto e crudo, Oriana Fallaci raggiunge e tocca le vette di temi fondamentali dell’esistenza, regalando al lettore domande che lo trafiggono come frecce nella coscienza.
La madre del libro vive la gravidanza dialogando con il feto nel suo grembo, lo rende consapevole della crudeltà e dell’infelicità dell’esistenza, non escludendo gli attimi di gioia e la potenza dell’amore, perché nonostante tutto è preferibile la sofferenza al niente. Dalle parole della Fallaci l’uomo emerge come un essere egoista, con una posizione sociale superiore rispetto alla donna, incapace e limitato nel comprendere la decisione di essere o non essere madre. Al termine del libro avviene una sorta di processo alla protagonista: ogni personaggio incontrato nell’opera (il datore di lavoro, la dottoressa, il medico, i genitori, il padre del bambino) si sente in diritto di giudicarla e condannarla. La decisione del bambino sul nascere o sul morire è racchiusa nelle parole finali della madre: “Tu sei morto. Ora muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore.”
Un libro sul coraggio di vivere
La maternità non rappresenta necessariamente un dovere o un obbligo, il non volere figli è una scelta personale, così come desiderarli. La società da sempre ha relegato la donna alla funzione di madre, dando per scontato un senso genitoriale che non sempre è innato. Oriana Fallaci si chiede se il bambino ancora non venuto al mondo vuole davvero nascere. Si è individualisti nel decidere una cosa così importante come dare la vita? Si generano figli senza il consenso del nascituro, si decide il suo nome, i suoi vestiti, il suo orientamento religioso ancor prima che egli possa guardare gli occhi dei suoi genitori, i primi che imporrano le loro decisioni su una vita nuova. L’ignota donna del libro parla a un essere vivente che è ancora libero da definizioni, non ha nome e non ha sesso, viene chiamato semplicemente “bambino”, perché ancor prima è una persona. Il loro rapporto è definito come quello tra due sconosciuti nello stesso corpo: un figlio non può appartenere a un genitore, sono due esseri distinti, che appartengono unicamente a loro stessi. Oriana Fallaci così dichiarava in un intervista dell’ottobre 1975 di Marina Buttafava:
Se tutti riconoscessimo che l’essere amato non ci appartiene, sia egli figlio o compagno, la razza umana sarebbe più libera. E più intelligente.
Da madre responsabile, lo avvisa di tutte le difficoltà della vita, ogni cosa lo condizionerà inevitabilmente, riducendo sempre di più il suo spazio di libertà. Non manca il lato di una madre che tiene alla sua indipendenza, una madre che afferma “fare un figlio è un’impresa da vecchi”. Oriana Fallaci lancia con la sua opera l’immagine di una donna vera, una donna che senza veli confida al lettore tutte le sue perplessità e gli affida le risposte alle domande più difficili.
Nicoletta Perretta
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