Oscar 2024, ‘La zona d’interesse’ è il film che ha battuto Matteo Garrone

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Di Alessia Spensierato

Jonathan Glazer, ha vintil premio Oscar come miglior film internazionale con La zona d’interesse. Niente statuetta quindi per Io capitano di Matteo Garrone. Il lungometraggio è liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, la pellicola storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive – in una bucolica casetta con piscina – una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano.

La zona d’interesse, un film che bisogna vedere

La zona d’interesse è un film che, nonostante sia ambientato in un terrificante passato ci parla del futuro e il discorso di Jonathan Glazer, agli Oscar 2024, ha affrontato l’attualità di quello che sta accadendo a Gaza. Ecco cosa ha detto il cineasta: “Il mio film mostra a cosa può portare questa disumanizzazione, un film fatto per il presente. Siamo qui come uomini che rifiutano che rifiutano che il loro essere ebrei e l’Olocausto vengano deviati da un’occupazione che ha portato al conflitto cosi’ tante persone innocenti. Le vittime del 7 ottobre in Israele o degli attacchi in corso a Gaza  sono le vittime di  questa deumanizzazione. Come possiamo resistere?”.

Rudolf Höss, direttore del campo di concentramento di Auschwitz, vive con moglie e figli in una splendida tenuta. Le giornate passano all’insegna dell’ordinario: si rilassano sull’erba, accolgono i suoceri mostrando i fiori coltivati in giardino, discutono per via degli impegni lavorativi del marito. Un giorno il padre porta i figli a pescare. Qui l’idillio si spezza ed escono in fretta dall’acqua. Dal campo di concentramento infatti stanno sversando ceneri e ossa nel fiume. La villa della famiglia Höss si trova a un muro di distanza dalle ciminiere del lager. Un paradiso artificiale, vicino all’inferno.

La potenza di La zona di interesse non è nella sua storia, fin troppo astratta e simbolica sul finale, ma nel modo in cui la racconta. I primi minuti sono di buio. Sono una dichiarazione poetica: il film non va valutato su quello che si vede, ma proprio su ciò che non mostra (l’orrore che si svolge accanto). Sono le orecchie, ad ascoltare in lontananza i suoni delle fucilazioni e le grida di chi tenta la fuga, a raccontare quello che viene celato dalla cinepresa.

Per tutta la narrazione, il suono ha un ruolo da assoluto protagonista e, in maniera ben più efficace delle immagini, trascina non soltanto la mente, ma anche il corpo al di là di quel muro che non vorremmo oltrepassare. «Una volta deciso che quelle immagini sarebbero rimaste fuori dal campo visivo, non potevo permettere che venissero dimenticate. Così ho affidato ai suoni il compito di varcare il confine e di permeare ogni fotogramma del film, per far sì che si riflettesse su questa sorta di mondanità a cui assistiamo giorno per giorno».