Suonare la propria musica davanti ad un pubblico di barbogi locali, giocare alle slot machines di un bar, prendendo per il culo un povero orientale dietro al bancone, fare l’alba in discoteca a rimorchiare gentil donzelle, ansiose di smollarla via con la fionda al primo corteggiatore sotto tiro, il tutto arricchito da quei diciotto Negroni per darsi la carica giusta. Una routine che nemmeno Paul Gascoigne ai tempi d’oro avrebbe retto. Questa è la vita del cinquantenne Alessandro, protagonista di “Ovunque proteggimi”, il nuovo film di Bonifacio Angius, l’unico regista italiano ad essere in concorso al prestigioso Santa Barbara International Film Festival, che si sta svolgendo nella cittadina californiana proprio in questi giorni.

Un’opera davvero interessante che racconta una storia forte, sincera, efficace e che arriva dritta al cuore dello spettatore, stimolandone la curiosità fino all’ultima scena. Ma procediamo con ordine. Una mattina Alessandro rincasa più detonato del solito e di fronte al rifiuto della madre di prestargli dei soldi mette a soqquadro l’intera abitazione. Al ventisettesimo servizio di Capodimonte frantumato per terra la donna prende infine l’audace decisione di chiamare soccorso per il ricovero coatto del figlio. Ed è proprio all’interno della clinica in cui viene rinchiuso che il nostro eroe incontra Francesca, una giovane disadattata come lui che ha perso la custodia del suo bambino, ma che intende a tutti i costi riprendersi. Tra i due si instaura un forte legame e così decidono di intraprendere insieme un viaggio on the road, quasi di redenzione dai loro sbagli passati, alla ricerca di una normalità fino ad allora estranea ad entrambi e difficile da conquistare.

I due si muovono però maldestramente tra la regole della società, volendo seguire a modo loro un immaginario libretto di istruzioni personale che si sono creati per poter raggiungere quella tanto agognata felicità, quasi impossibile da afferrare. Insomma, gli obbiettivi che si prefissano sono quelli giusti, i metodi che usano per finalizzarli un po’ meno. Si tratta fondamentalmente di due emarginati, due inetti, che agiscono e ragionano come adolescenti capricciosi, non rendendosi conto appieno della realtà che li circonda, né delle conseguenze delle loro sgangherate azioni. In tutto questo, però, c’è comunque qualcosa di poetico. Alessandro, infatti, rappresenta una sorta di angelo custode per Francesca, che la spalleggia, la protegge e la aiuta nella sua ‘missione’; allo stesso tempo anche Francesca è per Alessandro una creatura salvifica, portatrice inconsapevole di quel sentimento che nel cuore di lui ancora manca: l’amore.

L’interpretazione dei due attori (Alessandro Gazale e Francesca Niedda) è sublime, di grande impatto emotivo e in alcuni tratti toccante, in quanto entrambi riescono magistralmente a mettere a nudo non solo le fragilità che può celare ogni essere umano, ma anche quel irrequieto desiderio di comprensione e di approvazione dal quale ognuno di noi è tormentato.

L’ambientazione, inoltre, con le deserte strade della Sardegna, l’aridità del paesaggio circostante, il rovente asfalto che scorre via pigramente tra gli opachi colori della catramosa calura estiva, diventa il portavoce aggiunto della solitudine e del disagio interiore vissuto dai due personaggi, abbandonati a se stessi, esclusi, respinti, ribelli, costantemente sudati per la fatica accumulata ed in perenne lotta contro tutto e tutti.

“Ovunque proteggimi” recita il titolo della pellicola, una frase che può assumere una duplice valenza: potrebbe infatti essere la preghiera che il protagonista inconsciamente rivolge verso il padre scomparso, che ricorda sempre con grande affetto e dal quale ha ereditato la musica, oppure una sorta di tacita richiesta che Francesca porge ad Alessandro, affinché la difenda da quel mondo esterno così complicato, così diverso da loro, che non vuole accettarli e, forse, mai li accetterà.
Tartaglione Marco