Il Pakistan approva una riforma penale che ammette la possibilità di castrazione chimica per gli stupratori.
Martedì 16 Dicembre Il Presidente del Pakistan Alrif Khan ha firmato una legge, approvata dal Primo Ministro Imran Khan il mese scorso. La legge ristruttura la procedura penale per i crimini di violenza sessuale. Alcune delle misure proposte hanno suscitato scalpore internazionale, prima tra tutte la possibilità della castrazione chimica per gli stupratori recidivi.
Previa l’approvazione in Parlamento entro i prossimi 120 giorni, la legge comprende l’istituzione di nuovi parlamenti speciali e di un registro statale per i crimini sessuali. Questa include l’obbligo di concludere i processi entro quattro mesi. Inoltre istituisce delle unità di crisi per svolgere gli esami medico-legali per le vittime di violenza sessuale entro sei ore dall’accaduto. Infine rende illegale e perseguibile il divulgare informazioni sull’identità delle vittime.
Proteste in Pakistan:
La legge è stata sviluppata in risposta alle proteste accesesi Settembre scorso in tutto il Paese. Ovvero in seguito ad un episodio di stupro di gruppo avvenuto su un’autostrada a Lahore, la capitale del Punjab e seconda città per popolazione in Pakistan. Intensificatesi dopo i commenti decisamente inappropriati (e le successive scuse, ritenute inadeguate) del commissario a capo delle indagini nel caso.
Secondo lui la donna “avrebbe dovuto assicurarsi di non dover far benzina di notte“
In una versione precedente della bozza di legge, la castrazione chimica era prevista come opzione “volontaria e riabilitativa”, in accordo con le leggi internazionali. Nel caso in cui un reo non avesse acconsentito alla procedura, la pena sarebbe potuta arrivare fino alla vita in carcere o all’esecuzione. Il consiglio federale ha però omesso l’opzione dalla proposta. Le fonti suggeriscono che il ministero svilupperà nuove regole per autorizzare i giudici ad ordinare la castrazione chimica. Il tutto per un periodo dai sei mesi alla vita a seconda della gravità del caso, a prescindere dal consenso del condannato.
Quale opinione:
Anis Haroon, la presidente della Commissione Nazionale sullo Stato delle Donne, definisce questa legge un “passo positivo”, anche se esprime riserve sull’effettiva fungibilità dell’obiettivo di sei ore per gli esami nei centri di crisi, dato che al momento manca una sufficiente infrastruttura medica allestita per questo tipo di visita, soprattutto nelle aree rurali.
Sadia Bokhari, della Commissione per i Diritti Umani in Pakistan, dice invece che non si tratti di nient’altro che “fumo negli occhi” per pacificare l’opinione pubblica. Continua dicendo che che
punizioni spettacolari quali la castrazione chimica o le esecuzioni pubbliche, anch’esse suggerite dal Primo Ministro in diversi interventi con la stampa, non aiuteranno concretamente le vittime di violenza quanto lo farebbe l’applicazione rigida e puntuale delle leggi già esistenti, e la chiusura delle varie scappatoie che permettono ai rei sospetti di restare impuniti persino in casi ad alto profilo.