La Dinamo Sassari per la Sardegna rappresenta molto più di una semplice società di pallacanestro. I “Giganti” hanno ormai assunto i connotati di un vero e proprio marchio di esportazione. Un club a cui è affidato il compito di onorare al massimo la bandiera dei “4 mori”, sia tra i confini nazionali che in Europa. Un rapporto molto simile a ciò che rispecchia il Cagliari nel calcio. Se però i rossoblu sono riusciti nell’impresa di cucirsi lo Scudetto nel 1970, il basket sardo ha dovuto pazientare per altri 45 anni. Quasi mezzo secolo, ma si può dire che ne sia valsa eccome la pena. La stagione 2014-2015 è un sogno a occhi aperti. La Dinamo Sassari di Meo Sacchetti è un’autentica schiacciasassi. Il Banco, in Italia, vince letteralmente tutto. Prima la Supercoppa, poi Coppa Italia ed infine il tanto atteso tricolore. Un risultato storico. Impresso nel cuore e nella mente di ogni sportivo sardo. Il Pala Serradimigni può quindi rifarsi il look con ben 3 nuovi titoli. Ecco oggi parleremo proprio della casa dei bianco-blu. Scopriamo il perché di questo nome e altre curiosità
PalaSerradimigni: il cuore della Dinamo
La Polisportiva Dinamo nasce nel 1960 da un gruppo di studenti del Liceo Azuni di Sassari. Gioca le prime gare ufficiali al campo del “Meridda”, per poi spostarsi alla palestra del CONI. Gli anni ’60 e ’70 la Dinamo li passa tra la Serie C e la Serie D. Nel 1981 arriva la promozione in B e nello stesso anno viene inaugurato il nuovo palazzetto dello sport. La nuova casa dei sassaresi offre una capienza di 25.000 posti con le sole tribune laterali A e B. Nel 1989 Sassari si affaccia alla Serie A2. Una promozione che comporta inevitabilmente alcune modifiche all’ormai quasi decennale palazzetto di Piazzale Segni. Vengono dunque aggiunte le gradinate C e D, ottenendo così una capienza da 4.532 posti.
Nel 2006 la casa dei bianco-blu viene intitolata a Roberta Serradimigni. Un cognome rinomato nello sport sardo. Il padre Umberto Serradimigni, calciatore in attività tra gli anni ’50 e gli anni ’60, nasce a Sassari ma lega gran parte della sua carriera al Cagliari. Senza dimenticare il suo passato da podista che gli ha permesso di fregiarsi del titolo di campione sardo assoluto di salto in lungo, triplo e staffetta 4×400. Il figlio Alberto ha seguito le sue orme diventando campione italiano di salto triplo nel 1988. Mentre le due figlie femmine, Nunzia e Roberta, si sono invece cimentate nella pallacanestro. Ottenendo ottimi risultati.
Roberta Serradimigni, un talento precoce
Nunzia, la più grande, ha preso parte alla spedizione azzurra alle Olimpiadi di Mosca 1980, ma è Roberta ad incantare tutti. Una vera predestinata. A 14 anni raggiunge la sorella all’Algida Roma, esordendo così in massima serie. Rischia addirittura di conquistare un clamoroso Scudetto, ma deve arrendersi di fronte al Fiat Torino. Appena sedicenne riesce a vestire l’azzurro. Ci si aspetta tantissimo da questa ragazza. Nel 1980 approda alla GBC Milano, ma la sua permanenza sotto l’ombra della Madunina dura appena una stagione. L’anno seguente passa a Treviso, dove le cose non vanno per il meglio. Roberta affronta l’amarezza di una retrocessione.
Nell’82 la aspetta Viterbo. Quel talento incredibile ha bisogno di rimettersi in carreggiata. E la cittadina del Lazio fa il caso suo. Ci resta per 7 anni ed è un periodo molto positivo per lei. Vince una Coppa Italia ed ottiene il premio Reverberi come miglior giocatrice del campionato. Riesce anche rientrare a nei radar della nazionale. Successivamente si trasferisce a Vicenza dove rimane per un anno per poi chiudere la carriera a Cesena nel 1992. Nel 1996 rimane purtroppo vittima di un incidente stradale. Muore a 32 anni.
Seguici su:
Per altri articoli sul basket clicca qui