Palazzo dei Diamanti a Ferrara riapre sotto il segno della contemporaneità dopo la chiusura forzata, con la mostra dal titolo Un artista chiamato Bansky, visibile fino al 27 settembre di quest’anno. L’esposizione, curata da Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Arcoiris Andipa, è stata ideata e prodotta dall’Associazione Culturale MetaMorfosi con la collaborazione di Ferrara Arte.

Palazzo dei Diamanti: presentando Bansky

Palazzo dei Diamanti: una mostra didascalica, senza sensazionalismi, ma dalla profonda volontà di far conoscere al visitatore un protagonista dell’arte contemporanea tanto citato quanto sfuggente. Il lavoro curatoriale si distingue per l’impegno nella ricostruzione storica dell’opera dell’artista. I grandi grafici prodotti da Stefano Antonelli diventano mappe mentali che ricongiungono assieme le informazioni principali sul lavoro dell’artista: la sua presenza nel mondo geografico; la sua presenza nel mondo dell’arte. Gli stessi pannelli cronologici, che ti accolgono nella prima sala hanno la funzione di accompagnarti nella scoperta dell’operato dell’artista, proseguito senza sosta dal 1998.

Bansky in Action

Oltre 100 le opere presenti nelle sale di Palazzo dei Diamanti, la maggior parte delle quali sono serigrafie su carta, cn datazioni che vanno dal 2002 al 2017. Non mancano gli spray, su carta e su tavola ma sono presenti decisamente in minor misura. Immancabili le copertine dei vinili e i manifesti prodotti dall’artista per la mostra Bansky Vs. Bristol Museum, tenutasi tra luglio e agosto 2009; Le T-shirt Dismaland, le varie stampe su carta.

Una delle punte di diamante dell’esposizione, Di-Faced Tenners, la moneta da dieci sterline stampata da Bansky nel 2004, e presentato la prima volta al Nothing Hill Carvival. La performance, ripetuta in occasione del Reading Festival dello stesso anno, vedeva l’artista lanciare alle folle manciate di queste banconote. La particolarità, il volto di Lady D al posto di quello della regina, e la scritta Bansky of England che sostituisce l’originale Bank of England.

Bansky, Mickey Snake, 2015 - Photo Credits: Palazzo dei Diamanti
Bansky, Mickey Snake, 2015, fibra di vetro, poliestere, resina, acrilici, 72x82x262 cm
Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/30

Altra opera formidabile visibile alla mostra è Mickey Snake, il serpente «visto dal di fuori», nel pieno della digestione di Topolino. La scultura è stata presentata a Dismaland, il parco a tema temporaneo aperto nel 2015 nel sud dell’Inghilterra. Il linguaggio farsesco e beffardo stavolta viene declinato in un’opera che usa il citazionismo come regola della propria grammatica: dal Piccolo Principe al celeberrimo Mickey Mouse, scelti quali mezzi ottimali per inserirla all’interno di un fantomatico mondo dell’infanzia, onnipresente nell’opera dell’artista.

Rappresentativi anche i tre Black Books editi dall’artista dal 2001 al 2004: Banging your head agaist a brick wall (2001); Existencilism (2002); Cut it out (2004). I volumi, inseriti in una delle teche orizzontali, sono una miscela di immagini, poesie, pensieri e aforismi dell’artista. Rappresentazione di una parte della produzione editoriale di Bansky.

La grammatica di Bansky

Nonostante la mostra non sia presente nel calendario aggiornato dall’artista delle mostre “non autorizzate”, ha tutti i meriti per farne parte. Studiata attraverso un percorso innanzitutto conoscitivo, e solo dopo estetico, mette al centro dell’attenzione il senso filosofico-poetico e soprattutto etico dell’opera di Bansky, senza cadere in banalità o inutili devozioni, lontane dal linguaggio dell’artista.

Scrive il curatore Gianluca Marziani nel testo critico del catalogo:

Lo capiscono tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera. Non esiste pratica esoterica bel suo sistema visuale, nessuna difficoltà di approccio superficiale, tutto risulta leggibile ed impattante […]. La profondità esiste, sia chiaro, ma è un gioco di layer sottostanti, da praticare con metodo riflessivo. Sotto la superficie si nasconde la complessità eterogenea, un intreccio di possibili letture che indirizza il progetto su varie piattaforme analitiche.

Laura Piro

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